mercoledì 27 novembre 2024


03/03/2014 09:55:17 - Sava - Attualità

La testimonianza di Teresa Manes, madre di Andrea, il ragazzo che si suicidò un anno e mezzo fa a Roma, vittima di bullismo e omofobia

«Non si può morire per un pregiudizio, per uno smalto passato sulle unghie o per un colore dei pantaloni. Questa morte è una sconfitta sociale».
Incontrando gli studenti del liceo scientifico tecnologico “Del Prete”, Teres Manes ha ricordato la tragedia di suo figlio, Andrea che, ammalato di disperazione perché vittima di bullismo e di omofobia, il 20 novembre del 2012 si è impiccato a Roma.
Temi che la mamma di Andrea, ha trattato insieme a Luigi Pignatelli, che a Taranto, attraverso l’Hermes Academy onlus, ha promosso un ciclo di incontri socio-culturali che ha voluto denominare “Che cosa c’è di diverso?”.
«Ci sono prove evidenti degli scherni subiti da mio figlio, come la pagina facebook chiamata proprio “Il ragazzo con i pantaloni rosa”, in cui vi era la foto di Andrea che indossava quei pantaloni che si erano scoloriti a seguito di un lavaggio sbagliato, o la scritta ingiuriosa sul banco di scuola sequestrato (“Andrea frocio”)» si sfoga la mamma della vittima. «E’ difficile affrontare una vita quotidiana, quando si hanno 12 o 13 anni, scontrandosi sempre con commenti, sguardi, risatine, ghigni, a maggior ragione quando, poi, non si è omosessuali. Io sono pienamente convinta dell’eterosessualità di Andrea, che però aveva appiccicata addosso un’etichetta che non sopportava e che era difficile da reggere. A me e al padre non aveva mai raccontato nulla, forse per evitare di crearci problemi o dolore. Io ho scoperto tutti i particolari solo dopo il giorno del suo suicidio».
Agli alunni, coordinati dalla docente Rosa Soloperto, Teresa Manes ha lanciato una raccomandazione.
«E’ fondamentale il dialogo e la comunicazione. Ragazzi, non tenete mai dentro di voi queste sofferenze. Parlatene».
Anche Luigi Pignatelli, 27 anni, poliedrico operatore culturale di Taranto, ha raccontato le vessazioni e le aggressioni subite solo a causa della propria omosessualità.
«Già da quando andavo a scuola e non avevo ancora chiaro il mio orientamento sessuale, sono stato vittima di atti di bullismo, che poi, col passar del tempo, sono diventate aggressioni fisiche» ha fatto presente Luigi. «Nell’ultima, a mio padre, che era intervenuto per difendermi, è stato lanciato un bicchiere, che ha provocato un taglio sulla fronte suturato con 10 punti. Siamo vittime di un retaggio sbagliato, che si può vincere solo attraverso la crescita culturale».











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