Una nota di Salvatore Di Noi, responsabile Patronato INAS CISL di Taranto
Un tema di cui pochi parlano è che il 60% degli stranieri residenti nel nostro Paese ha le idee poco chiare quando si tratta di malattie professionali, mentre gli italiani sembrano essere più consapevoli nel senso che la maggioranza ne dà una definizione corretta ma il 30% non sa bene di cosa si tratti.
Per circa 7 italiani e 7 stranieri su 10, chi ha contratto una patologia di questo tipo potrebbe rinunciare in partenza ad ottenere il risarcimento, per il timore di subire intimidazioni sul piano lavorativo e personale e per non perdere il posto.
Questo allarmante quadro è emerso da una ricerca, presentata a Roma i giorni scorsi, commissionata dal Centro Patronati all’Ispo, per sondare atteggiamenti e consapevolezza di un campione significativo di cittadini italiani e stranieri.
Solo ¼ degli intervistati – sia tra gli italiani che tra gli stranieri – conosce i diritti del lavoratore in caso di malattia professionale.
Per la maggior parte degli intervistati è fondamentale avvalersi dell’aiuto di soggetti intermediari, per gestire il rapporto con il proprio datore di lavoro.
La maggioranza del campione ripone la massima fiducia nei medici di base e al secondo posto per affidabilità, tra i soggetti che si occupano della materia, ci sono i Patronati.
Sono 7 stranieri su 10 e 6 italiani su 10 quelli che dicono di fidarsi di questi Istituti e, in effetti, si sono rivolti ad essi nel 37% dei casi.
Ma ci sono anche coloro che, di fronte alla malattia, non sapendo come muoversi, non hanno fatto nulla: si tratta del 16% degli italiani e del 21% degli stranieri.
Per circa 4 stranieri su 10 e per 3 italiani su 10 l’attenzione alla salute nell’azienda in cui lavorano è bassa.
Il giudizio viene confermato anche quando si parla in generale dell’Italia: per il 61% dei connazionali intervistati, nel nostro Paese la sicurezza sul lavoro latita.
Nel 2012, le denunce all’Inail sono state 47.417 ma la scarsa conoscenza del tema che emerge dalla ricerca ci fa pensare che i casi non denunciati siano ancora moltissimi.
I Patronati sono disposti a mettersi in gioco, ha ribadito il presidente del Cepa, Antonino Sorgi, per creare una rete insieme agli interlocutori istituzionali, ai sindacati promotori e all’Inail, puntando a creare un piano organico di intervento, per far crescere formazione e informazione, per far sì che il lavoro sia, una volta per tutte, fonte di sostentamento e di vita e non di morte.
Salvatore Di Noi
Responsabile Patronato INAS CISL di Taranto