L’intervento di Fabrizio Mastrovito al convegno dello Juventus Club di Manduria
«Sono molti i genitori che devono imparare dai loro figli a vivere lo sport e l’agonismo in modo tranquillo, senza esasperazioni, divertendosi e ricordando che si tratta sempre e comunque di una attività oltre che motoria, ludica».
Fabrizio Mastrovito, laureato in Scienze Motorie, stigmatizza i comportamenti sbagliati dei genitori dei ragazzi che praticano lo sport.
«La competizione, che fa parte della natura umana, è uno stimolo fondamentale per fare evolvere i piccoli in adulti, ma è il modo in cui questi ultimi la interpretano che, il più delle volte, è molto diverso: i bambini si affrontano in una gara per volta e, qualsiasi sia il risultato finale, la terminano per cominciarne un’altra, senza mai perdere la loro serenità e la piena consapevolezza dei loro limiti. Due qualità che spesso i genitori invece non posseggono».
Spesso, infatti, i genitori diventano tifosi, perdendo di vista l’aspetto ludico e formativo dell’attività sportiva.
«Troviamo genitori che, iperesigenti, tendono a spingere continuamente il figlio verso l’eccellenza, evidenziandogli sempre solo tutti gli errori commessi» ha fatto notare Fabrizio Mastrovito. «Il bambino accumulerà talmente tanta ansia e complessi di inferiorità da chiudersi in se stesso e odiare lo sport che sta praticando. Poi ci sono quei papà e mamme che considerano il loro figlio un prolungamento di se stessi e si attendono quelle realizzazioni che loro non sono stati in grado di raggiungere. Il ragazzo, costretto così a identificarsi con l’immagine che i genitori hanno di lui, avrà grandi difficoltà a crearsi una propria identità. Poi ci sono altre due categorie genitoriali: quella dei “dominatori” e degli “iperindulgenti” che, pur essendo diametralmente opposte nei comportamenti, sono in grado di procurare gli stessi effetti negativi sulla personalità del proprio pargolo. I primi, molto severi, punitivi, assillano il figlio con continue sollecitazioni, spingendolo verso un rendimento sempre ottimale e verso l’ubbidienza. I secondi al contrario, troppo permissivi e iperprotettivi, sono perennemente impegnati nello spianare la strada del loro piccolo da ogni tipo di ostacolo e difficoltà. Risultato: entrambe le situazioni svilupperanno un bambino con un “Io” debole, insicuro e bisognoso di continue conferme.
Al contrario, un’attività sportiva ben supportata dalla famiglia diviene uno degli strumenti più validi per riuscire a fare crescere i propri figli in un ambiente sano, dove vi sono delle precise regole da rispettare e in cui diritti e doveri valgono in egual misura per tutti».