«I nostri figli devono vivere!»
«Noi, mamme e donne di Taranto, siamo in attesa ancora di scuse da parte di chi ha operato, nei vari livelli istituzionali, le scelte scellerate che hanno poi determinato il disastro ambientale che ha colpito tutta la popolazione di Taranto e dei Comuni limitrofi (parliamo di oltre 300.000 italiani). Le scuse non sono mai pervenute! I decreti Salva-Ilva, sì, in un numero imprecisato oramai. Ma non basta, altro si vuole aggiungere per aggravare ancor di più la già disastrata situazione ambientale. Ultima scellerata idea è "Tempa Rossa", un progetto che aumenterebbe l'inquinamento e i rischi di un ulteriore disastro. Come se già non bastasse l'insopportabile puzza di idrogeno solforato che sempre più spesso avvolge la Città intera! Davvero pensate che siamo così stupide? Risuona tuttora nelle nostre orecchie le tristemente celebri affermazioni di certa imprenditoria, secondo la quale un morto in più, cosa può essere mai?
Questo è quello che pensa troppa parte delle classi dirigenti di questa Nazione, lo sappiamo. E' così, perché a Taranto la realtà ha superato di gran lunga la fantasia più orrida, più crudele.
Alla luce di tutto questo, come Donne e Mamme tarantine chiediamo a Lei, Presidente del Consiglio, e a tutte le Istituzioni che dovrebbero salvaguardare la salute degli abitanti di questa Provincia, di fermare nel più breve tempo possibile tutte le fonti inquinanti insistenti sul territorio di Taranto e quelle in via di progettazione e attuazione.
Noi donne, tra mille sacrifici, ma anche con grande gioia, trasmettiamo il miracolo della vita, la ragion di Stato ce la strappa senza ragioni e senza pietà.
Quello che sta avvenendo è un genocidio. Senza girarci troppo intorno, questa è la parola giusta. Gli aggiornamenti dello "Studio Sentieri", ne danno contezza e ne sottolineano la gravità, in particolare con i suoi terribili riscontri sulla mortalità infantile.
Noi pretendiamo il diritto di fare crescere i nostri figli in un ambiente sano. Non possiamo più contare su un fato benigno che conceda ad ognuna di noi di risparmiare almeno i nostri figli, sappiamo che non è così.
Finché un solo bambino a Taranto si ammalerà, noi non molleremo. Vogliamo vivere e, alla pari di tutte le altre donne italiane, vogliamo allattare i nostri bambini, vederli crescere nel verde e nell'aria pulita. E vogliamo che, divenuti adulti, possano scegliere di vivere e lavorare in questa nostra bella città.
Come vede, non pretendiamo niente di speciale: in una società civile, tutto questo è normale. Bene, noi pretendiamo la normalità.
Abbiamo già dato, in termini di vite umane e di disoccupazione; abbiamo sperimentato sulla nostra pelle i danni che la grande Industria ha prodotto. Siamo stati cavie e, alla pari delle cavie, eravamo indifesi. Questo è inaccettabile, è da terzo mondo. Mo' avaste! (Adesso basta!)
Signor Presidente del Consiglio, ogni giorno dalla nostra Città vanno via i nostri ragazzi, ma qui accade un fenomeno peculiare: una città che vanta origini magnogreche, che possiede un patrimonio archeologico di altissimo valore e risorse naturali floride, costringe all'emigrazione la parte più dinamica e formata dei giovani. Manca un porto turistico, vengono meno i finanziamenti per i beni culturali, il turismo è lasciato a morire insieme all'allevamento, all'agricoltura e, soprattutto, a quelle itticoltura e mitilicoltura che hanno reso celebre nel mondo la nostra città. Si sacrificano queste ricchezze a favore di un'industria pesante obsoleta. Se potessero scegliere, i nostri giovani resterebbero qui. Alcuni di loro sono rimasti e hanno progetti ambiziosi per questa città, e non li conservano nel cassetto. Tutta la Città conosce questi progetti e sa che porterebbero lavoro per tutti. Se Lei invertirà la tendenza, secondo la quale il Pil nazionale deve reggersi sulla pelle della gente, e ascolterà davvero Taranto e le proposte dei suoi cittadini, Le assicuriamo che sarà ricordato per sempre come una persona lungimirante (vocabolo sconosciuto ai politici di oggi). Se, al contrario, resterà cieco e sordo davanti a questi progetti e alle nostre speranze, Lei sarà restituito alla memoria della Storia come uno dei tanti, così lontano dalla figura del grande Statista che, dopo Pertini, ancora aspettiamo. Faccia Lei, decida Lei.
Vogliamo che alla città di Taranto venga riconosciuta la sua vera vocazione, che è quella turistica, artistica, storica... Se non farà qualcosa, Signor Presidente, solo chi economicamente potrà sostenere il trasferimento in un'altra città salverà la sua vita e quella della sua famiglia; chi non avrà questa possibilità, resterà e dovrà affidarsi alla roulette russa che da oltre cinquanta anni ci sta decimando.
I nostri figli devono vivere».