martedì 26 novembre 2024


02/10/2009 14:46:04 - Provincia di Taranto - Attualità

Legambiente Puglia: “Basta con la preistoria energetica del petrolio. Si investa nelle rinnovabili e nell’efficienza”

 
 
«Prima l’ampliamento della centrale ENI, adesso la prospezione dei fondali del mar Grande alla ricerca di idrocarburi. Taranto non è mai lasciata in pace.
“L’autorizzazione alle trivellazioni nel Mar Grande di Taranto ottenuta dall’ENI nei giorni scorsi -dichiara Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia- al di là e prima ancora della valutazione dell’impatto ambientale che tali operazioni potranno avere sull’ecosistema, è una scelta anacronistica e da rigettare. Investire ancora nella ricerca di petrolio non è certo la strada verso l’autonomia energetica del Paese. Secondo stime assolutamente attendibili l’Italia ha riserve di petrolio recuperabili per 109 milioni di tonnellate a fronte di un consumo annuale che nel 2006 si era attestato sugli 85 milioni di tonnellate. Stiamo parlando quindi di una soluzione che non garantirebbe né una sostanziale riduzione delle importazioni, né un abbassamento della bolletta energetica nazionale”.
“È urgente invece -aggiunge Lunetta Franco, presidente del Circolo Legambiente di Taranto, intervenire sull’attuale modello energetico che dipende ancora troppo da fonti fossili altamente inquinanti. Non si può negare che in Italia ci sia bisogno di investimenti nel settore energetico, ma di certo non nel petrolio, una fonte il cui utilizzo va in direzione opposta rispetto agli impegni presi dal nostro paese con la firma del protocollo di Kyoto. La strada da percorrere per render l’Italia progressivamente indipendente dalle importazioni, per invertire i processi che riguardano le emissioni e vincere la sfida dei cambiamenti climatici, deve puntare su altri obiettivi, come il risparmio, l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e l’innovazione tecnologica.
La scelta petrolifera con le trivellazioni previste non solo a Taranto, ma in tutto il Salento, nonostante sia ormai evidente la sua inefficacia rispetto alla soluzione dei problemi economici e sociali delle aree interessate, rischia di ipotecarne il futuro prossimo compromettendo qualsiasi ipotesi di sviluppo legata al patrimonio naturalistico e culturale delle aree stesse”.
“Per il governo italiano -osserva infine Leo Corvace, del direttivo del Circolo di Taranto- lo stato di elevato rischio ambientale di Taranto non è fattore per una politica di risanamento, ma per collocare ulteriori attività inquinanti nel suo territorio. A confermarlo le decisioni assunte nell’ultimo anno: dal contrasto alla legge regionale sulla diossina, ai ritardi nel rilascio delle A.I.A alle industrie locali dilatando i tempi di adeguamento dei loro impianti alle B.A.T., sino al recente via libera per la triplicazione della produzione energetica dell’ENI e per le perforazioni nei fondali dello specchio di mare antistante il Mar Grande. Provvedimenti, questi ultimi, assunti anche senza il coinvolgimento di Regione ed Enti Locali sollevando non poche perplessità circa la carenza di democrazia con le quali vengono assunte”.
 










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