Oltre 4 i miliardi di euro di debiti dell’Ilva, ai quali vanno sommati i circa 8 euro occorrenti per la bonifica
“Il governo propone l’intervento pubblico per “salvare” Ilva ma i numeri economici dell’intervento sono questi: da due anni i bilanci dell’Ilva non sono noti a tal punto che l’UE ha chiesto formalmente di averli. Nel 2011, situazione ante sequestro avvenuto il 26 luglio 2012, il debito finanziario dell’Ilva era di 2,9 miliardi di euro, dovuto ad un riduzione dei flussi di cassa provocata dai risultati negativi della gestione industriale per circa 805 milioni di euro” lo dichiara il coportavoce nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli.
“Dopo il 2012, con la riduzione della produzione, dovuta alla chiusura di 6 altiforni su 10, secondo una denuncia di Federacciai Ilva ha perso 70 milioni di euro al mese. Ad oggi l’indebitamento Ilva è aumentato di 1,7 miliardi di euro che si vanno sommare ai 2,9 miliardi. Poi ci sono i 250 milioni di euro di prestito ponte concesso dalla banche. Se lo stato dovesse comprare Ilva dovrà farsi quindi carico dei debiti pregressi e a questi dovrà aggiungere gli investimenti necessari per il piano industriale che dovrà attuare il piano delle misure ambientali – precisa il leader dei Verdi. Secondo l’ex commissario Bondi il piano avrebbe un costo di 4,1 miliardi di spesa fino al 2020 così suddivisi: 1,8 miliardi di Autorizzazione integrata ambientale, 635 interventi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, 1,750 miliardi di investimenti tecnologici. “
“A ciò va aggiunto il debito ambientale ovvero i danni provocati dall’inquinamento Ilva che l’AEA, Agenzia europea Ambiente, ha classificato nella top 30 degli stabilimenti più nocivi. Per fare le bonifiche esterne ovvero risanare aree agricole, falde, mare, immobili danneggiate dall’inquinamento secondo l’ipotesi della Procura di Taranto occorrerebbero 8 miliardi di euro.”
“La domanda è: come farà lo Stato a mettere tutti questi soldi ? Ma con tutte queste risorse – continua l’esponente ecologista - si potrebbe avviare un progetto di conversione industriale come accaduto con Bilbao, che aveva il suo polo siderurgico ed è riuscita a trasformarsi in città altamente competitiva dal punto di vista del lavoro, del Pil e della produzione. Parte delle risorse per finanziare la conversione devono venire dal sequestro dei patrimoni dei Riva e soci Ilva per il danno ambientale ovvero 8 miliardi di euro. E poi c'è la proposta di fare una bad company per Ilva che ritengo moralmemte inaccettabile perchè scaricare il tema delle controversie giudiziarie, i risarcimenti, le bonifiche delle aree esterne Ilva nella bad company significherà una sola cosa: lasciare Taranto a convivere con i veleni senza che nessuno pagherà per i danni subiti dalla popolazione e per pulire i terreni, le falde e il mare dai veleni: i dolori , le vite perdute e l'obbligo di bonificare il danno ambientale non può stare in una bad company - continua Bonelli-.
“Un'alternativa per Taranto e' possibile e l'abbiamo spiegata nella proposta di decreto Salva Taranto: costruire il risanamento e il rilancio economico attraverso una conversione industriale modello Bilbao sostenuta da un'area No Tax. Ma pensare che i diritti e i dolori della popolazione tarantina e i veleni dell 'Ilva siano messi dentro una bad company questo per favore No, non lo fate” conclude Bonelli.