La rilettura dello sfogo di Cosima Serrano
Mai come oggi, nella buona e nella cattiva sorte i coniugi Michele e Cosima Misseri, comparsi con ruoli diversi davanti alla Corte d’assise d’appello di Taranto per l’inizio del processo di secondo grado a Cosima Serrano e Sabrina Misseri, entrambe accusate di concorso in omicidio e sequestro di persona, reati per i quali sono state condannate all’ergastolo per l’omicidio di Sarah Scazzi avvenuto il 26 agosto 2010, giorno della sua stessa scomparsa, benché presunte colpevoli sino ad un’eventuale sentenza di terzo grado.
A Michele il processo di primo grado ha contestato il reato di soppressione di cadavere e condannato a otto anni di carcere, insieme al fratello di Michele, Carmine e al nipote Cosimo Cosma, accusati dello stesso reato ma con sei anni da scontare. Sostanzialmente fra le lacrime, il lungo libero sfogo e flusso di coscienza di Cosima smonta i reati che le sono stati contestati dal popolo prima ancora della Giustizia, la quale, secondo quanto detto da Cosima, detta la sfinge per il silenzio ferreo che l’ha sempre caratterizzata, si sarebbe piegata alla volontà colpevolista dell’intera popolazione, come fu per Gesù.
Tre ore tre, sostenuta dagli appunti racchiusi in un foglio bianco, per ribadire la sua innocenza e quella della figlia, alternando momenti di commozione a momenti di lucidità per dire basta ad accuse di testimoni affetti da amnesia quando messi alle strette. Il riferimento di Cosima è ad Anna Pisanò, in particolare, ma anche ad un folto carnet di testimoni, spergiuri sin da quando si richiamano alla Bibbia per asserire la loro assoluta verità urbi et orbi. In sunto, Cosima ribadisce un forte legame con la nipote, non certo come il pesce che notoriamente puzza dopo tre giorni, vista la reiterata piacevole presenza di Sarah in casa loro, non ospite per caso, ma membro della loro famiglia e smentisce la tanti voci di paese, di quella gente che li additava di cosa, forse del rapporto che Sabrina aveva con Ivano, causa dell’invidia e della gelosia di Sarah verso la cugina maggiore Sabrina?
Forse di quella sera in cui i due si appartarono all’inizio di un rapporto che sapeva poco ormai di amicizia e ancora meno di amore?
Forse, forse, forse! Tanti gli interrogativi indiretti di Cosima, da sempre catalizzatore del malumore dell’opinione pubblica, che la indica quale regista di un depistaggio continuo, in parte riproposto anche in questa tornata, insieme al contenuto delle telefonate intercorse tra Sabrina e il padre, due conversazioni inedite non apparse nel processo di primo grado, segnalate dal sostituto procuratore generale Pina Montanaro trascritte e diffuse.
Tra i due forse il gioco della parti, secondo la magistratura, con i due grandi protagonisti, Sabrina che chiede al padre che gli è preso quel giorno e suo padre che gli risponde con un disarmante “non lo so”!
Era atteso da anni questo sfogo di Cosima, la cui lunga, riccia chioma bianca, fermata sul retro cornice di un volto provato, specchio di quello dell’altra protagonista, la mamma di Sarah, presente come sempre, e tutt’altro che convinta dalle parole della sorella. Si riprende, dunque, sfiniti e divisi da quella voglia di credere a tutti, di rendere giustizia a Sarah e alla sua famiglia, ma soprattutto di una verità che ci dica perché Sarah quel giorno è entrata in quella casa viva, per rimanere schiacciata da una pietra e da metri di terra in contrada Mosca.
Mimmo Palummieri
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fra rito e Fede”