domenica 24 novembre 2024


11/06/2015 18:46:29 - Avetrana - Attualità

Si tratta della riproduzione in argento delle prime cinquanta monete su un totale di 1915 della Repubblica Romana (211-38 a.C.), ritrovate nel maggio del 1936 in una campagna di Avetrana. Perché non tentare di avere le originali?

 
Una prima parte del “tesoretto di Avetrana” è ritornata nel centro ionico. Si tratta delle prime cinquanta monete su un totale di 1915 della Repubblica Romana (211-38 a.C.), ritrovate nel maggio del 1936 in una campagna di Avetrana. Sono state riprodotte, in argento come le originali, dal restauratore, avetranese anch’egli, Cosimo De Rinaldis. Potranno essere inizialmente ammirare all’interno della Banca di Credito Cooperativo di Avetrana, che ha sostenuto finanziariamente l’iniziativa, per poi entrare a far parte della mostra archeologica già esistente, arricchendola, nella casamatta del torrione.
«Questa operazione si inquadra nell’ottica della diversificazione dell’offerta turistica della nostra cittadina» hanno rimarcato sia il sindaco Mario De Marco, sia l’assessore al Marketing Territoriale, Enzo Tarantino. «Non solo mare e gastronomia, ma anche le testimonianze della nostra storia. Con la riproduzione delle prime cinquanta monete di quel “tesoretto”, intendiamo riappropriarci di una parte delle radici culturali della nostra cittadina, un patrimonio che vogliamo far scoprire anche alle nuove generazioni».
Con la riproduzione delle prime cinquanta monete d’argento, promossa alcuni anni fa, fra non poche difficoltà dall’associazione “Terra della Vetrana” e concretizzatasi solo l’altro ieri con la cerimonia di presentazione alla cittadina dei reperti, si spera sia stato avviato un percorso ambizioso, il cui traguardo dovrebbe e potrebbe essere quello della riappropriazione di tutto il “tesoretto”, ora custodito nel museo di Taranto. Aperture importanti, in questo senso, sono arrivate, nonostante lo scetticismo di qualche relatore, sia da parte di Luigi La Rocca, Soprintendente ai Beni Culturali per la Puglia, sia da parte del presidente della Banca di Credito Cooperativo di Avetrana, Michele Pignatelli.
«La disponibilità della Soprintendenza c’è» ha affermato La Rocca. «Non escludo a priori la possibilità di concedere ad Avetrana gli originali delle monete quando vi saranno le opportune condizioni di sicurezza e di tutela dei reperti. Sono a conoscenza che presto saranno realizzate le riproduzioni delle due pintadere. Sarebbe importante, altresì, che si ricominciasse a discutere della valorizzazione della grotta “Dell’Erba”, ora un po’ trascurata dopo l’intervento di alcuni anni fa con i fondi europei. Quello del turismo diversificato, insomma, non sia solo uno slogan».
Michele Pignatelli, dal canto suo, ha annunciato la disponibilità della BCC a sostenere economicamente le spese necessarie a riportare l’intero “tesoretto” ad Avetrana.
Le condizioni, insomma, ci sono. Perché non battere il ferro ora che è caldo?
A ritrovare l’orciolo che ha custodito per due millenni le 1915 monete d’argento furono, nel 1936, Gregorio Dinoi e Salvatore Screti. Secondo quanto riferirono alla Regia Guardia di Finanza, uno dei due (il Dinoi), avrebbe avuto delle indicazioni precise sul luogo in cui furono sotterrate in sogno, da un’antenata. E’ molto più credibile, invece, la versione secondo la quale le monete furono ritrovate durante i lavori nei campi, di proprietà di una signora, di nome Anna, moglie di uno dei due.
I particolari di questo singolare ritrovamento sono noti grazie alla lettera che l’allora direttore del Reale Museo di Taranto, Ciro Drago, inviò alla Soprintendenza di Bari, ancora custodita. Sull’episodio si sono soffermati, nel corso della cerimonia dell’altro ieri, la presidente dell’associazione “Terra della Vetrana”, Anna Pinto, il numismatico della Soprintendenza Giuseppe Libero Mangieri, e la tarantina Tatiana Montesardo, che, con la propria tesi, è l’autrice della prima pubblicazione (nel 2006 dedicò la propria tesi) sul “tesoretto di Avetrana”.
Dinoi e Screti tentarono di vendere le monete al Museo provinciale di Lecce per 4.500 lire dell’epoca (circa 5.000 euro attuali). Della trattativa venne a conoscenza la Guardia di Finanza, che sequestrò i reperti e denunciò Dinoi, Screti e la signora Anna. I tre, però, ottennero l’amnistia, evitando così il carcere.

 

 

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