lunedì 25 novembre 2024


25/09/2015 18:28:23 - Provincia di Taranto - Attualità

Lazzaro: «A livello di Parlamento europeo e di Consiglio, dove siede il rappresentante del nostro Governo, si valutino gli effetti del nuovo stock di importazione di olio tunisino meglio di quanto abbia fatto la Commissione Europea»

 
«Non è la prima volta che la diplomazia fa politica con altri mezzi. Un tempo si zittivano i cannoni per far parlare gli sherpa e vergare accordi, oggi si importa l’olio tunisino, le arance marocchine e si fa la faccia cattiva con la Russia con un embargo punitivo per il caso-Ucraina.
Non sta a noi giudicare come venga condotta la politica estera dell’Ue – e anche dell’Italia - ma quando gli effetti, più o meno collaterali, toccano la pelle delle aziende agricole non possiamo restare in silenzio. E’ già successo con l’embargo russo, “pagato” a caro prezzo dall’agricoltura italiana: meno 240 milioni in 12 mesi. E non è finita qui. L’impossibilità di esportare ha penalizzato prodotti come frutta fresca, lattiero caseari e formaggi, carne e derivati anche dal punto di vista del prezzo, in caduta libera a causa dell’eccesso di offerta sul mercato europeo. Sul latte, ad esempio, il calo è giunto a toccare il 20 per cento.
Tutto ciò, ovviamente, non può provocare salti di gioia negli agricoltori. Il caso dell’importazione senza dazi dell’olio d’oliva tunisino, sul quale voci interessate si levano per sostenerne l’opportunità politica e persino economica, va a nostro parere nella stessa, errata, direzione.
Per questo Confagricoltura, non da sola per la verità, sostiene che a livello di Parlamento europeo e di Consiglio, dove siede il rappresentante del nostro Governo, si valutino gli effetti del nuovo stock di importazione di olio tunisino meglio di quanto abbia fatto la Commissione Europea. Se non altro per non ripetere errori già commessi. Ma anche perché vorremmo capire se la politica di governo italiana, a Roma e a Bruxelles, ragiona allo stesso modo e valuta gli interventi di policy making con l’obiettivo principale di tutelare l’Italia, la sua economia e i suoi operatori economici all’interno dello scenario comunitario; oppure se, senza una visione chiara ma con una visuale molto ristretta (“miope” si direbbe”), gioca una partita politico-diplomatica sulla pelle dell’agricoltura italiana, e in questo caso del settore olivicolo, per assecondare iniziative “politically correct” ma sganciate dalla nuda e cruda realtà. Che in Puglia, per fare un esempio a noi vicino, è fatto di aziende olivicole che stanno lottando da sempre contro le contraffazioni e la concorrenza sleale (straniera ma non solo), da due anni contro la Xylella, un calo produttivo che ne è diretta conseguenza e prezzi che, come noto, riescono a malapena a coprire gli alti costi. Del resto, quando si fanno accordi commerciali con Paesi esteri è buona norma, quanto meno, chiedere contropartite concrete che in questo caso non vediamo.
La domanda è dunque legittima: tutto ciò è stato adeguatamente soppesato e valutato in sede europea e, rimarchiamo, in sede di governo nazionale? L’embargo russo, diverso per ragioni ma paragonabile per i possibili effetti, ci ha insegnato che le pesanti conseguenze ricadono sui produttori. Ed è per questo motivo che, pur non essendo avversari della “primavera araba”, vorremmo che fossero i nostri agricoltori ad arrivare a primavera senza dover pagare, essi sì, altri dazi».










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