Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto, interviene sulla bufera giudiziaria che ha investito alcuni grandi marchi del settore coinvolti nell’inchiesta della Procura di Torino
«Lo scandalo del normale olio d’oliva venduto per extravergine ha fatto molte vittime: i consumatori e i produttori olivicoli, il made in Italy e, soprattutto, il made in Puglia».
Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto, interviene sulla bufera giudiziaria che ha investito alcuni grandi marchi del settore coinvolti nell’inchiesta della Procura di Torino, ricordando che «è qui da noi che si produce circa il 40 per cento dell’olio d’oliva italiano».
«L’inganno svelato – spiega Lazzàro – è doppio, sia perché viene “spacciato” in etichetta olio di qualità inferiore ad un prezzo maggiorato, sia perché troppo spesso – dal nostro punto di vista – sono i produttori di olio extravergine ad essere penalizzati da prezzi iniqui che, al contrario, sono troppo bassi per remunerare il lavoro di chi produce trasparenza, tracciabilità e qualità certificata. Ed è su questo versante, crediamo, che bisogna far chiarezza e giustizia da parte delle istituzioni preposte e anche per quanto compete alla grande distribuzione organizzata, che non può semplicemente far finta di nulla. L’allarme su questi temi suona da sempre, ma ora qualcuno vi ha dato ascolto».
Per Confagricoltura, infatti, l’inchiesta ha il merito di aver acceso le luci su un problema molto più vasto: «In queste stesse ore – sottolinea Lazzàro – i medesimi oli finiti nel mirino della Magistratura torinese continuano ad essere venduti in tutta Italia. I consumatori devono essere consapevoli che comprare un olio d’oliva a 3-4 euro non è ragionevole ed è anche rischioso, mentre è corretto spendere 6-7 euro al litro. Il prezzo è un fattore determinante per acquistare l’extravergine e chi vuol spendere meno compra, evidentemente, un altro prodotto: ammesso che lo sappia».
La differenza tra semplice olio d’oliva ed extravergine non è solo una questione di denominazione: «L’extravergine – rimarca Lazzàro – è solo l'olio ottenuto dalla prima spremitura di olive attraverso sistemi meccanici, quindi senza processi o sostanze chimiche, il che consente di evitare alterazioni dell'olio la cui acidità libera non deve risultare superiore allo 0,8%. Solo olive fresche, di prima qualità, colte e spremute senza altri trattamenti che non siano la centrifugazione e la filtrazione diventano olio extravergine: ed è quanto scritto nel regolamento CE 1513/01. Per non tacere poi del contenuto lipidico e di antiossidanti, così importanti dal punto di vista nutraceutico, che in tutti gli altri olio sottoposti a raffinazione vengono in pratica quasi completamente dimezzati e persi».
«Consumatori e produttori in questa battaglia stanno dalla stessa parte. Ed è per questo – conclude Lazzàro – che bisognerà valutare l’opportunità di tutelare gli agricoltori nelle sedi opportune, a difesa del lavoro e dell’immagine di chi ogni giorno fa del suo meglio per produrre olio extravergine al di sopra di ogni sospetto».