Il tribunale federale di Bellinzona ha accolto il ricorso delle figlie di Emilio Riva
Il tribunale federale di Bellinzona, in Svizzera, accogliendo il ricorso delle figlie di Emilio Riva, ha detto no al rientro in Italia di 1,2 miliardi di euro che erano stati sequestrati dai magistrati di Milano in una delle inchieste sulla gestione dell’Ilva. I giudici motivano il provvedimento sottolineando che tale atto "costituirebbe un’espropriazione senza un giudizio penale". La notizia desta non poco preoccupazioni tra sindacati che avevano riposto in quei soldi la speranza di poter realizzare le opere di bonifica necessarie per il rilancio del siderurgico.
A maggio scorso, a seguito dell'entrata in vigore del decreto Salva Ilva, il gip di Milano Fabrizio D’Arcangelo, aveva dissequestrato il miliardo e 172 mila euro di beni sequestrati al defunto Emilio e al fratello Adriano Riva, al momento ancora a Lugano presso i conti della banca Ubs, disponendo il passaggio nella disponibilità dell’Ilva in amministrazione Straordinaria. Si tratta della parte più cospicua della ricca dote dell’Ilva, che prevede anche i 400 milioni di euro di finanziamenti (300 saranno erogati da Cdp e 100 dalle banche) coperti da garanzia di Stato, e ai 156 milioni provenienti dal contenzioso Fintecna.
Nel decreto del Gip di Milano si applicava quanto previsto dalla legge "Salva Ilva" che prevedeva un sofisticato meccanismo tecnico per permettere al colosso siderurgico italiano di utilizzare quei fondi e destinarli al risanamento e al rilancio, applicando tutte le prescrizioni del Piano Ambientale ma nello stesso tempo poter garantire i diritti dei soggetti coinvolti dal processo penale. Un sofisticato meccanismo giuridico-finanziario capace di soddisfare i giudici elvetici, frutto dei suggerimenti del Procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco e dell’impegno del consigliere strategico di Matteo Renzi, Andrea Guerra.
Quei beni dovevano essere convertiti in obbligazioni emesse da Ilva e intestate al Fondo Unico di Giustizia e, per conto del Fug, ad Equitalia Giustizia Spa quale gestore del Fondo. La misura cautelare del sequestro penale sulle somme, secondo quanto disposto da Gip, doveva essere convertito in sequestro delle obbligazioni di prossima emissione. Contestualmente, al momento della sottoscrizione di questi bond, era previsto il versamento delle somme nelle casse dell’Ilva, denaro destinato in via esclusiva – come previsto dalla Salva Ilva – all’attuazione del Piano Ambientale e alla tutela sanitaria e non più, come previsto in precedenza all’aumento di capitale.
Tuttavia, la decisione del tribunale svizzero di oggi, rimette tutto in discussione. E sul futuro di Taranto di addensano nuove nubi che non sono quelle del siderurgico.