lunedì 25 novembre 2024


05/11/2009 12:29:25 - Avetrana - Attualità

«Spesso i mass media sono solo megafoni dei poteri forti: nessuno spazio alle controvoci

 
«Sig. direttore,
spero che questa mia, arrivi alla sua serena e totale attenzione.
Tra centinaia di contatti con le redazioni di tante testate giornalistiche italiane, mi viene spesso la voglia di cancellare tutte quelle che fanno riferimento al territorio pugliese, se non addirittura abbandonare questo territorio e trasferire altrove la sede legale dell’associazione, dove certo ha più visibilità e stima.
In Puglia mi ritrovo a rapportarmi con un’informazione appiattita: forte con i deboli e debole con i forti.
Queste mie parole sicuramente susciteranno indifferenza, insofferenza o addirittura indisponenza.
Ma non è una critica personale: è una censura al sistema informativo territoriale.
Purtroppo c’è un dato oggettivo incontestabile. Se le mie inchieste sociali, coordinate per argomento e per territorio, si basano su fonti certe e credibili, quasi mai posso citare organi di stampa locali.
Specie sulle tv locali non saprei scegliere quale programma o tg seguire. Tutto lo spazio è dato alla stessa politica, uguale a sé da anni, a cui si rende un’immensa visibilità, che osta il cambiamento, o è dato ai funzionari o alle istituzioni pubbliche, che tanto hanno corrotto e depravato il nostro modo di vivere.
NESSUNO SPAZIO ALLE CONTROVOCI. SI E’ SOLO MEGAFONO ED OSSEQUIO DEI POTERI FORTI.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è lo spazio dedicato su molti organi d’informazione provinciale e regionale alla vicenda di un signore di Avetrana denunciato per stolking e destinatario di un provvedimento di divieto di dimora.
Gli articoli riproducono pari pari la velina data da appositi organi, che sono preposti, invece, alla segretezza istruttoria. Si badi, si parla di denuncia, non condanna.
Dov’è il diritto di cronaca nel dare ampio spazio all’accusa, fino a quando non vi è certezza dibattimentale, e tacere le posizioni della difesa?
Be’, allora si dia anche questa notizia: il presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie è stato denunciato per diffamazione da un pubblico ministero di Taranto, perché ha pubblicato le prove degli insabbiamenti in procura, ovvero, in altro procedimento, è stato denunciato per violazione della privacy e il suo sito web da anni è sequestrato con atti nulli per mano dei pubblici ministeri di Brindisi e Taranto, per aver pubblicato atti che riguardavano anomalie sul modo di lavorare delle stesse procure, ovvero, in altro procedimento è stato denunciato per calunnia per aver presentato, come avvocato, un’opposizione al decreto di archiviazione per un sinistro truffa.
Si badi, in un modo o nell’altro, i procedimenti non procedono per cavilli delle procure, in modo che non si possa avere certezza di assoluzione, oppure per non sputtanare fatti che devono essere taciuti.
E’ un brutto vizio che quotidianamente si ripete. Le conferenze stampa di Pubblici Ministeri e Polizia Giudiziaria sempre piene, le cui sedie sono occupate da giornalisti che, quando non sono dietro la loro porta, non si preoccupano di verificare ed eventualmente contestare la tesi accusatoria, attraverso la contrapposizione della difesa.
Come è sicuro che le redazioni sono sommerse da segnalazioni o note stampa come le mie che denunciano anomalie del sistema e sistematicamente vengono cestinate ed ignorate, salvo che cavalcare le stesse questioni solo dopo anni, quando altri le hanno già affrontate, o vi è una certa convenienza a farlo.
D’altro canto sulle tv locali, si dà ampio spazio a certe fronde della magistratura sindacalizzata, tacendo le sue manchevolezze, la quale, anziché rispettare e far applicare la legge, pretende anche di farla.
Come si può pretendere l’imparzialità dell’informazione quando si è troppo amici, o si dipende dalle veline dei magistrati?
Come si può palesare credibilità, se non vi sono inchieste proprie a smascherare le anomalie sociali?
Mi ricordo di un giornalista di Telenorba che si vantava di aver vinto un premio, perché si era trovato a filmare una signora in procinto di buttarsi giù dal balcone. Quel giornalista avrebbe meritato il premio e la mia stima se avesse approfondito le ragioni del gesto, non solo gli effetti.
Sbattere il mostro in prima pagina (senza che vi sia ancora condanna) e santificare i poteri forti, non è buon giornalismo. Tacere i veri problemi della gente, per tacere le colpe dei potenti, o accanirsi sulle carogne di chi, potente ossequiato lo era, ma ora non lo è più, è solo codardia.
Essere i portavoce dei poteri forti, solo perché possono permettersi di occupare o comprare spazi mediatici, tale da influenzare l’opinione pubblica nelle sue scelte, non è un buon servizio pubblico.
Nessuno ha dato voce ai cittadini di Gallipoli accusati di mafiosità.
Nessuno ha dato voce ai cittadini foggiani accusati di omertosità.
Noi siamo i magistrati e gli avvocati e i politici e i giornalisti, ecc… che ci rappresentano in loco.
Be’, io non mi sento rappresentato. Anche per questo qui sono un corpo estraneo, emarginato, ignorato e perseguitato.
Attenzione, però, non è sbagliato quello che dico, ma è sbagliato dove lo dico, ma qualcuno lo deve pur fare: il male avanza dove il bene rinuncia a combattere.
Se ognuno di noi potesse osservare da lontano con un telescopio la nostra misera realtà territoriale, modestamente si renderebbe conto che tutto ciò che in loco sembra normale, rapportato a tutto quanto di civile ci circonda, tanto normale non è.
Se noi siamo il meridione d’Italia, da tutti i dati e le statistiche stimato come arretrato e sottosviluppato economicamente, socialmente e culturalmente, non pensate che una minima responsabilità l’abbia anche chi fa certa informazione, inculcando ai propri collaboratori e praticanti la convinzione che ciò che si fa è giusto, ma che oggettivamente risulta sbagliato?
Non pensate che i nostri giovani o le nostre “eccellenze culturali” che emigrano, non sono costretti a fuggire dalla Puglia, ma dai pugliesi?
Io, per continuare la mia missione a favore dei senza voce, sono costretto a chiedere ai sindaci di Roma e Milano un lavoro, pur umile e transitorio, e un tetto per me e mio figlio, entrambi laureati. In loco ci si impedisce di fare l’avvocato, e comunque di lavorare, in quanto il sistema forense, come quello giornalistico, giudiziario e politico non accettano il non omologato o conformato.
Purtroppo se l’indigenza mi impedisce di continuare a sostenere un’attività non finanziata da alcuno, ciò farà morire una speranza.
Se vi sarà riscontro, da lì si continuerà ad operare per migliorare qui.
Sig. direttore, “il tutto in famiglia” non deve essere applicato alla politica; “il tengo famiglia” non può essere applicato a chi, da “Don Abbondio” vuol fare vero giornalismo».
 
 
Grazie dell’attenzione.
Presidente Dr Antonio Giangrande –
ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE










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