lunedì 25 novembre 2024


02/05/2016 06:55:40 - Provincia di Taranto - Attualità

«Non ci sentiamo amati» il grido di Michele Riondino contro i sindacati

 «A nome di tutto il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti vi dò il benvenuto e vi ringrazio di essere tornati nella nostra bellissima città. La nostra festa consiste nel fatto che voi siate qui e che abbiate la possibilità di ascoltare le nostre storie, ma anche che possiate essere contagiati dalla rabbia che caratterizzerà i nostri interventi politici. Abbiamo bisogno che ci ascoltiate, che sappiate che non siamo come vogliono dipingerci. Non siamo gufi, né diciamo sempre e solo no. Abbiamo le nostre ragioni.
L’anarchico Enrico Malatesta diceva che:
“La volontà della maggioranza non può pretendere il possesso della verità assoluta, poiché tale verità non esiste. Il principio di libertà impedisce di riconoscere una sola verità: ognuno ha la propria verità. In società, la libertà non può essere assoluta, ma deve essere limitata dal principio della solidarietà e dell'amore verso gli altri”.
Ecco perché oggi siamo qui. Perché non ci sentiamo amati.
Non ci ama il governo di questo paese e il presidente del consiglio che affida le sorti della nostra terra e dei nostri figli a un manipolo di petrolieri, banchieri, che in combutta con ministri parenti impongono, in nome del profitto (il loro profitto), la distruzione del mio territorio. Non ci ama nemmeno il presidente della Repubblica. Producono decreti che impediscono il confronto politico e ci costringono a usare l’arma del boicottaggio e della resistenza fisica per impedire scempi ambientali e paesaggistici.
Non ci amano coloro che avrebbero dovuto tutelare i nostri diritti di lavoratori. quei sindacati che dovrebbero gridare la miseria in cui i metalmeccanici tarantini sono caduti. Ci vorrebbero sindacati e sindacalisti capaci di dire che le cose bisogna aggiustarle una volta per tutte, chiudendo le fonti inquinanti e ristabilendo il grado minimo di legalità per continuare a lavorare senza inquinare aria terra e mare e senza ammazzare più nessuno.
Ci vorrebbero sindacalisti trasparenti, combattivi e moralmente integri, non come quelle più alte cariche della CISL che guadagnano quanto i manager delle società pubbliche o partecipate.
Ci vorrebbero sindacati che non ci imponessero di partecipare a pseudo-scioperi come quello indetto a Taranto il dieci febbraio scorso, a braccetto con quella CONFINDUSTRIA che mai ha difeso i diritti dei lavoratori dipendenti, mai ha difeso il rispetto delle leggi sul lavoro e sempre ha ostacolato l’attività di rappresentanza sindacale. Eppure nessuna delle tre sigle confederali che oggi dicono di festeggiare i lavoratori, si è rifiutata di marciarci accanto. E hanno marciato insieme non per bloccare l’azienda, né per bloccare i cancelli o per impedire il normale svolgimento dell’attività aziendale. No, hanno marciato per bloccare per l’ennesima volta una città, per generare disagio ad altri lavoratori che nulla hanno a che fare con l’ILVA e il suo indotto, hanno impedito ai nostri malati di raggiungere gli ospedali per sottoporsi alle chemio.
Ci vorrebbe un sindacato che tuteli l’incolumità sul posto di lavoro pretendendo impianti moderni e sicuri e che si sollevi con rabbia e disgusto ogni volta che un operaio padre di famiglia muore, vittima d’incidente sul lavoro per mancanza di manutenzione degli impianti o negligenza delle aziende.
Ci vorrebbe un sindacato, ecco, cosa ci vorrebbe.
Un sindacato vero.
Landini qualche anno fa ebbe venne a spiegarci che c’è sindacato e sindacato. Che non si può generalizzare e mettere tutti sullo stesso piano. Ma caro Maurizio, cara Camusso, cosa siete venuti a raccontarci un mese fa qui a Taranto se non a declamare le solite classiche e vuote frasi fatte? Caro Landini, cara Camusso, a Taranto se lavori in ILVA e non muori di cancro non è così improbabile che deragli un carro siluro e che ti ammazzi sul colpo, che ceda una struttura che dovrebbe reggerti e metterti in sicurezza e che invece si scioglie come burro non appena ci metti un piede sopra. Non è così improbabile che un getto di ghisa bollente t’investa corrodendoti all’istante com’è successo al nostro amico Alessandro Morricella che solo un anno fa era qui con noi e che mai avrebbe pensato di fare quella fine.
All’interno dell’ILVA di Taranto si può morire per decreto e sempre per decreto nessuno è tenuto a risponderne. Da quando abbiamo capito che la vita e la famiglia di un operaio di Taranto non vale quanto la vita e una famiglia di un operaio di Genova ci siamo attivati per offrire a lavoratori, studenti, famiglie tutta la nostra energia. Il comitato dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti non è un partito ma questo non vuol dire che non faccia politica ogni giorno: nelle strade, nelle scuole, nei posti di lavoro. Il comitato non è un sindacato ma questo non vuol dire che non faccia attività sindacale in fabbrica, tra i lavoratori, raccogliendo denunce e spendendosi nelle sedi appropriate per chiedere giustizia sul posto di lavoro. Il comitato di cui mi onoro di far parte è un soggetto politico vivo e attivo di cui non si può più fare a meno in questa città.
E se prima ci ignoravano e ci deridevano, oggi invece sono costretti a combatterci per impedirci di vincere. Ma non è più così scontato che ci riescano».











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