«Afo/4 verso lo spegnimento»
«Niente assemblee, niente confronto con gli operai, nessun cenno alla questione ambientale.
È così che Fim-Cisl Fiom-Cgil e Uilm preparano in Ilva lo sciopero per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici di venerdì 10 giugno senza neanche fare un’ora di assemblea, in barba ai principi più elementari di quella democrazia tanto decantata dai sindacati.
In silenzio in fabbrica, ma pronti invece a correre a Bari – dove interverrà tra gli altri il segretario generale Fiom Maurizio Landini – a parlare addirittura di potere d’acquisto del salario, di condizioni di lavoro, di tutela e rilancio dell’occupazione, di formazione-welfare-partecipazione. Landini, magari, nel suo discorso dovrà spiegare come si può perseguire la strada della partecipazione se i lavoratori non sono coinvolti in prima persona. Perché riteniamo che non basta un volantino striminzito per spiegare le ragioni di uno sciopero.
Forse si teme che le assemblee diventino luoghi di confronto in cui i lavoratori chiedano ai propri delegati di rispondere alle perplessità e alle paure circa il futuro della fabbrica? Il futuro prossimo nello stabilimento più inquinato ed inquinante d’Europa potrebbe infatti significare esubero per molti di loro. Già, esubero. Significa quindi che per molti di questi operai si prospetta la possibilità di andare a casa.
Sembrerebbe infatti che a breve l’altoforno/4 (tornato in funzione nel 2011 dopo tre anni di lavori di ristrutturazione) potrebbe fermarsi, spegnersi definitivamente. Conferme a questo proposito arriverebbero dalla presenza sull’impianto di materiali che dovrebbero servire a bloccarne le funzioni. Anche il carbon coke dovrebbe essere acquistato e non più prodotto nel siderurgico con la conseguente chiusura di tutte le batterie tranne la decima, undicesima e dodicesima. La produzione dell’acciaio di Stato, con Afo/5 spento da oltre un anno, dovrebbe concentrarsi su Afo/1 e su Afo/2, il reparto che la Procura di Taranto sequestrò senza facoltà d’uso dopo l’incidente in cui perse la vita l’operaio Alessandro Morricella, investito da una colata di ghisa incandescente, e oggi in marcia per effetto del decreto voluto dal governo Renzi. Uno dei tanti decreti salva Ilva – siamo a quota 10 – che non tengono minimamente in considerazione la sicurezza e la salute dei lavoratori del siderurgico e dei cittadini di Taranto.
Mentre i sindacati preparano gli autobus per raggiungere Bari, mentre il Pd esulta ancora per il decimo decreto salva Ilva (sposta il termine per depositare le offerte dal 23 al 30 giugno e viene nominato dal ministero dell’Ambiente un comitato di esperti che, entro 120 giorni, deve esprimere un parere sulle eventuali proposte di modifica del piano ambientale presentate dai gruppi privati interessati all’acquisto), il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti propone il piano B per Taranto.
Ribadiamo che l’unica vera scommessa che il nostro territorio deve vincere, salvaguardando lavoro e salute, sarà la chiusura programmata di tutte le fonti inquinanti, bonifica, formazione e reimpiego degli operai. Elaborazione e attuazione di progetti di pubblica utilità e di bonifica (previa nuova formazione di tutti i lavoratori), mobilità lunga finalizzata al prepensionamento con un accordo, come avvenuto in passato nel 1994 che stabilisca costi, modi, tempi e beneficiari, benefici per l’amianto, che ricordiamo essere presente nello stabilimento così come dichiarato da Bondi. Incentivi alla fuoriuscita volontaria (da quantificarsi e a carico dello Stato) e accesso al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG/FEAG) per offrire un sostegno ai lavoratori in esubero. Le nostre proposte sono note da tempo. E ora è tempo di raccogliere la sfida del cambiamento, perché quello delle chiacchiere è finito».
Comitato Cittadini Liberi e Pensanti