Il tumore al cervello è stato causato dall’inquinamento?
I bambini dovrebbero avere in testa solo giochi e sogni. Capricci, al massimo. E invece Lorenzo aveva ferro e acciaio, zinco, alluminio e silicio. Per questo, il 30 luglio del 2014 è morto. Aveva cinque anni. Lorenzo Zaratta è “il bambino di Taranto”, quello ritratto nelle foto sui cartelli durante le marce e le proteste, quello che fanno vedere in televisione quando c’è da parlare del siderurgico e dell’inquinamento, subito dopo la ripresa della ciminiera che sbuffa veleni.
Lorenzo è stato ammazzato da un cancro al cervello, ma in realtà è come se fosse sempre qui perché quella faccia è diventata una bandiera: nei cortei, in tv, se si combatte, è anche per quella faccia lì. Anche per questo Mauro, suo padre. Roberta, sua madre. Claudio, suo fratello, sono reduci. Reduci perché quella che tutti i giorni si combatte a Taranto altro non è che una guerra: una guerra contro l'inquinamento, una battaglia contro la geografia.
Da qualche settimana la storia di Lorenzo ha conosciuto però una novità importante. I genitori, assistiti dall'avvocato Leonardo La Porta, hanno presentato un esposto alla magistratura nella quale chiedono al nuovo procuratore, Carlo Maria Capristo, di sapere chi e perché ha ucciso Lorenzo. In mano hanno una perizia che certifica, appunto, che nella testa di Lorenzo sono stati trovati metalli. Come ci sono arrivati? Chi ce li ha messi?
Parte della risposta è contenuta in una perizia di parte allegata alla denuncia che spiega come Lorenzo abbia, probabilmente, cominciato ad ammalarsi nella pancia della mamma. «La causa della presenza dei metalli - si legge nella consulenza - è da ricercarsi nell'esposizione della madre durante la gravidanza».
«Lavoravo al quartiere Tamburi» racconta oggi la signora Roberta, «tutto quello che voglio sapere è se davvero questo possa aver causato la malattia di Lorenzo».
«La possibile spiegazione - si legge sempre nella relazione - della presenza di polveri d'acciaio nel corpo di Lorenzo è legata al fatto che, all'epoca della gravidanza, la madre viveva a Taranto e lavorava in una zona notoriamente soggetta a inquinamento di polveri da acciaieria», polveri compatibili con quelle trovate nella testa di Lorenzo. E' stata l'Ilva ad ammazzare il bambino, quindi? "
«Non lo sappiamo, la risposta non tocca a noi. Ed è quello che chiediamo alla magistratura - spiega il legale - Vorremmo sapere se c'è un nesso di causalità tra inquinamento e la more del piccolo».
Quel nesso è alla base del processo “Ambiente svenduto” che ha portato alla sbarra i vertici dell'Ilva. Tutto si basa sulla base delle relazioni dei tecnici nominati dal gup, Patrizia Todisco, che appunto spiegavano come “soltanto vivere e lavorare nel quartiere Tamburi di Taranto, alla nascita, ha conferito un rischio aumentato di svilupparsi cancro”. Novantuno morti in più in sei anni, qualche migliaio di ammalati, “l'analisi su chi vive al Borgo o al Tamburi mostra, nonostante la ridotta numerosità, una forte associazione tra inquinamento dell'aria ed eventi sanitari è osservabile e documentabile solo per questa popolazione”. Ammalarsi per geografia, appunto.
«Noi siamo dovuti andare via da Taranto - dicono Mauro e Roberta - quando Lorenzo si è ammalato. Non è stata una fuga, per lo meno non all'inizio, ma è una necessità. La situazione di Lorenzo era grave e non c'erano strutture appropriate che lo potessero seguire. Siamo andati a Firenze dove siamo stati accolti a braccia aperte. Abbiamo lottato, però evidentemente non è bastato».
A Taranto però hanno deciso di non tornare.
«Dopo che Lorenzo è volato via - continuano - abbiamo valutato che fare. Se tornare nella nostra Taranto oppure rimanere qui, nella nostra nuova città, Firenze. Abbiamo deciso di non spostarci. E lo abbiamo fatto per Claudio, l'altro nostro figlio, per assicurare un futuro più roseo a lui. Firenze è una città meravigliosa. Ci ha accolto a braccia aperte nel momento del bisogno. Non vogliamo lasciarla. Ma non scappiamo e non vogliamo arrenderci: la nostra è una battaglia per Lorenzo, per noi, per la nostra Taranto».
I pediatri di Taranto nei giorni scorsi hanno esposto dei cartelli choc proprio per avvisare che a Taranto non basta essere bambini per avere diritto a essere felici: nelle scuole si disegnano nuvole nere, i mostri non hanno la forma di draghi ma di lunghe e sottili ciminiere, giocare all'aria non è un'occasione ma un pericolo, di ammalarsi, di morire.
«Non so se Lorenzo è morto per colpa della geografia». dice Mauro. «Per questo preferiamo aspettare per rispondere. Però certo la domanda è lì e ci aspettiamo di ottenere una risposta in tempi brevi. Abbiamo grande fiducia della magistratura. Non c'è giorno che con mia moglie non ci chiediamo come quei metalli siano potuti arrivare nel cervello di mio figlio e se avessero avuto una responsabilità nella malattia di Lorenzo. Ed è quello che abbiamo chiesto alla Procura».
La risposta potrebbe essere orribile: possono i genitori essere la causa dell'avvelenamento dei propri figli?
«Quello che temo non è importante - spiega Lorenzo - E la verità non può e non deve fare mai paura. Quello che è invece importante è tutelare la salute di altri bambini. Ed è per questo che è fondamentale avere una risposta dalla magistratura. Non deve succedere più. Per Lorenzo, per tutti gli altri bambini».
Fonte: rete