Il decreto che detta nuove regole sul finanziamento statale di 400 milioni per investimenti ambientali e sanitari dell’azienda in difficoltà rischia infatti di rivelarsi una brutta sorpresa per famiglie e imprese italiane, che fra qualche anno, se qualcosa andrà storto, potrebbero pagarne il conto direttamente in bolletta
Una nuova tegola pende sulle bollette energetiche. Dopo le “anomalie” sul mercato del dispacciamento, su cui l’Autorità per l’energia sta indagando per evitare rincari quantificati dai consumatori in circa 300 milioni di euro, lo stesso Garante lancia adesso l’allarme Ilva. Il decreto che detta nuove regole sul finanziamento statale di 400 milioni per investimenti ambientali e sanitari dell’azienda in difficoltà rischia infatti di rivelarsi una brutta sorpresa per famiglie e imprese italiane, che fra qualche anno, se qualcosa andrà storto, potrebbero pagarne il conto direttamente in bolletta. Il rischio, assicura invece il Mise, non esiste: "Nessun aumento», dichiara prima il vice ministro Teresa Bellanova e poi il Ministero in una nota: dal decreto «non discende alcun effetto sui prezzi» delle bollette elettriche.
La vicenda prende le mosse dai diversi decreti Salva-Ilva varati negli ultimi due anni, che assicurano alla società siderurgica la possibilità di contrarre finanziamenti statali, previa la restituzione degli stessi nel medesimo esercizio finanziario nel quale sono stati erogati. Per il 2016, si tratta di una somma pari a 400 milioni di euro. Tuttavia, con il nuovo decreto che domani andrà in votazione all’aula della Camera, non solo il termine per il rientro dei fondi è stato spostato al 2018 ("ovvero successivamente"), ma soprattutto per sostenere questo rinvio si è deciso di coinvolgere la vecchia Cassa Conguaglio, ormai ridenominata Cassa per i servizi energetici e ambientali. L’organismo, che si occupa di riscuotere alcune componenti tariffarie dagli operatori, gestirle ed erogarle a favore delle imprese secondo regole emanate dall’Autorità per l'energia elettrica, stando al decreto “provvede agli oneri”: in sostanza, quindi, la Cassa funge da bancomat per ripagare i 400 milioni in attesa della restituzione fissata al 2018.
Ebbene, spiega l’Autorità in una segnalazione inviata a Governo e Parlamento, questa procedura «determina una significativa riduzione dei margini di flessibilità di manovra da parte di Csea per le attività di competenze nei settori energia e ambiente». Una minore flessibilità che «potrebbe, peraltro, determinare la necessità di acquisire ulteriore gettito derivante dal prelievo tariffario a gravare sulle bollette energetiche dei clienti/utenti italiani (famiglie e imprese) anche se destinate a differenti finalità, non riconducibili al settore energetico e/o idrico». L’Autorità ha poi precisato che «i rischi di aumenti tariffari si manifesterebbero solo se il rimborso dell’importo non sarà effettuato nel termine previsto nella norma, cioè nel 2018», ma il rischio, se è valsa la pena di metterlo nero su bianco, evidentemente esiste.
«La norma - assicura comunque Bellanova - è chiara: ha natura temporanea e prevede che il rimborso dell’importo sia effettuato dal 2018. Tale postulato è stato confermato il 23 giugno scorso alla Camera, nell’ambito della relazione della Cassa alle Commissioni Ambiente e Attività Produttive: la restituzione della somma dei 400 milioni nei tempi stabiliti non comporterà dunque alcuna variazione degli importi in bolletta». L’Unione nazionale consumatori, però, ribatte: «Dal 2018 non è come nel 2018, serve un chiarimento».