La decisione potrebbe essere legata alla posizione di incompatibilità di un agronomo in pensione, che si è costituito come parte civile. Se il processo sarà trasferito, dovrebbe ricominciare da zero
Il trasferimento a Potenza del maxiprocesso “Ambiente svenduto”, sul presunto disastro ambientale di Taranto, è legato alla costituzione di parte civile di un agronomo di ottant’anni, Alberto Cassetta, ex componente laico della commissione agraria del tribunale. Secondo l’avvocato Pasquale Annicchiarico, difensore di Nicola Riva, il giudice agrario è equiparato a un giudice onorario: nel caso in cui un magistrato dello stesso distretto sia parte offesa nel procedimento, in base all'articolo 11 del Codice di procedura penale, il processo va spostato per incompetenza funzionale.
L’agronomo, ora gravemente malato, si è costituito parte civile contro i Riva, alcuni manager del siderurgico, l'ex governatore pugliese Nichi Vendola e il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, chiedendo 100mila euro per danni da esposizione ai fumi inquinanti della fabbrica, che gli avrebbero causato patologie molto serie e danni alla sua abitazione che si trova al quartiere Borgo. Nei mesi scorsi due giudici di pace, Nicola Russo e Martino Giacovelli, hanno ritirato la costituzione di parte civile dopo che la difesa aveva chiesto di trasferire il processo a Potenza per le stesse ragioni. "Al mio cliente sfugge il tecnicismo, ma il suo interesse ad avere giustizia nel processo è immutato - dice il legale di parte civile Andrea Mancini - Nessuno ci ha chiesto di ritirare la nostra costituzione né lo faremmo".
Al quartiere Borgo, vicino a molti cittadini che si sono costituiti a processo per chiedere i danni dell'inquinamento, vivono anche diversi magistrati. Scatenando la dura reazione dell'Anm, l'altro giorno l'avvocato Annicchiarico ha portato in aula una mappa delle abitazioni di residenza o proprietà di una sessantina di magistrati a Taranto. Lo scopo era dimostrare che anche i giudici sono potenziali vittime dell'inquinamento dell'Ilva e per questo non sono "sereni e terzi" nel loro giudizio.
"Una violazione della privacy e della deontologia che mette a rischio l'incolumità dei magistrati", per il presidente della sezione locale dell'Anm, Martino Rosati. "Non sono dati sensibili - replica Annicchiarico - sui cartelloni non c'erano nomi, ho fatto soltanto quattro esempi di magistrati direttamente impegnati nel processo. I criminali non hanno certo bisogno di ascoltare un passaggio della mia arringa di tre ore per fare attentati".