Le previsioni: calo del 40%. Import destinato a crescere, come il rischio falsificazioni
Il 2016, per l’olio d’oliva extravergine, sarà un’annata molto difficile. Produzione prevista in calo del 37% a livello nazionale: 298mila tonnellate contro le 475mila dello scorso anno; peggio ancora in Puglia dove si toccherà il meno 40 per cento (242mila tonnellate stimate); prezzi in risalita ma non quanto sarebbe auspicabile. Con la conseguenza che è destinata ad aumentare ancora la quota d’importazione e, va da sé, anche la possibilità di contraffazioni e truffe.
«Uno scenario non incoraggiante – spiega Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto – dopo l’ottimo 2015 che ci aveva fatto dimenticare il disastroso 2014, forse la peggiore annata negli ultimi 80 anni. Era però prevedibile – aggiunge Lazzàro – che l’annata 2016 sarebbe stata fisiologicamente di scarica in molte aree produttive, quindi il calo era atteso. Tuttavia, solo a consuntivo si potrà valutare anche l’impatto, in positivo o ulteriormente in negativo, delle piccole realtà produttive che sono sotto la soglia di rilevazione».
Stando ai dati forniti da Ismea, il calo produttivo in Puglia (-40%) è condizionato soprattutto dalle scarse produzioni attese nelle province di Taranto, Brindisi e Lecce. Anche la qualità attesa subirà un calo imputabile a problemi parassitari, più per i ripetuti attacchi di mosca che per la temuta Xylella, il cui impatto sulla produzione è nel breve termine abbastanza ridotto. «Tuttavia bisogna fare attenzione – avverte Lazzàro – a non innescare falsi allarmi nei consumatori su questo tipo di circoscritte problematiche del prodotto italiano. Al contrario, è necessario alzare il livello dei controlli alle dogane in previsione dell’aumento delle importazioni e del rischio di falsificazioni e truffe. Il paradosso italiano, come noto, è che siamo il secondo produttore mondiale, alle spalle della lontanissima Spagna, ma anche il primo importatore e il secondo esportatore».
A incidere su questo panorama a tinte scure, ci sono gli effetti del calo produttivo in Grecia e soprattutto Tunisia (con le 90mila tonnellate d’olio d’oliva che l’Ue ha alleggerito del dazio), ma anche condizioni interne al mercato italiano: «Degli oltre 900 frantoi pugliesi – spiega Lazzàro – ho notizia che alcuni potrebbero rimanere chiusi. La lenta risalita del prezzo, che sulla piazza di riferimento di Bari ha avuto un picco del 20% solo nell’ultima settimana, potrebbe non essere in grado di compensare la perdita di reddito causata dalla produzione ridotta. È un problema che si lega a doppio filo con la scarsa capacità di programmazione dei produttori, un universo di poche grandi e strutturate aziende e di migliaia di micro realtà produttive».
«Come si sta sperimentando per il grano – suggerisce Lazzàro - i contratti di filiera potrebbero essere uno strumento adatto e flessibile per contrastare le turbolenze del mercato. Anche chi produce olio d’oliva extravergine, prima o poi, dovrà scegliere di aggregarsi e fare massa critica, altrimenti si rischia sempre più di vedere in giro olio spacciato per italiano prodotto chissà dove e che, soprattutto, genera reddito in tasche non italiane».