Il fine del patteggiamento è quello di far confluire nella pancia dell’Ilva quasi un miliardo e mezzo di euro per la decontaminazione e l’ambientalizzazione dello stabilimento di Taranto
Gli accordi firmati sono due ma presto diventeranno quattro. Le parti sono l’Ilva in amministrazione straordinaria, le società Riva Fire e Riva Forni, la Procura di Milano e quella di Taranto. La premessa è quella di chiudere tutti i contenziosi civili, amministrativi e penali che vedono contrapposti vecchi e nuovi gestori dell’acciaieria più grande d’Europa e imputati a Taranto (Fabio e Nicola Riva) i figli del defunto patron Emilio. Il fine è invece quello di far confluire nella pancia dell’Ilva quasi un miliardo e mezzo di euro per la decontaminazione e l’ambientalizzazione dello stabilimento di Taranto, senza che le somme sottoposte a confisca a seguito di patteggiamento finiscano in maniera indistinta nel Fondo unico di giustizia e dunque possano essere, se dirottate all’acciaieria, considerate aiuti di Stato dall’Unione Europea.
La prima intesa è stata raggiunta tra la Procura di Taranto, sotto l’accorta regia del procuratore capo Carlo Maria Capristo, e l’Ilva in amministrazione straordinaria, tramite l’avvocato Angelo Loreto, legale dei commissari Laghi-Gnudi-Carrubba, e prevede il patteggiamento di Ilva nel processo Ambiente Svenduto con 3 milioni di euro a titolo di sanzione pecuniaria, 8 mesi di commissariamento giudiziale e 241 milioni di euro di confisca quale profitto del reato, confisca da destinare - grazie ad un emendamento presentato al governo nella legge di bilancio appena varata dalla Camera - proprio alla bonifica del siderurgico. La proposta di applicazione della pena, sottoscritta oltre che da Capristo anche dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dai pubblici ministeri Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Raffaele Graziano e Remo Epifani, riceverà in queste ore l’indispensabile e preventivo via libera del comitato di sorveglianza - cosi come previsto dalla legge che dispose il commissariamento dell’azienda - e sarà proposto alla corte d’assise già nella prossima udienza del processo «Ambiente svenduto», fissata per il 6 dicembre.
Il secondo accordo è stato firmato tra i commissari dell’Ilva e le società del gruppo Riva e prevede il ritiro di una lunghissima teoria di ricorsi a Tar e Consiglio di Stato e cause civili che vedevano contrapposte le due parti, con richieste di risarcimento danni miliardarie e procedure che potevano potenzialmente procurare molti guai.
Gli altri due accordi saranno firmati dalle società dei Riva con la Procura di Milano e quella di Taranto. Con il pool di magistrati guidato da Francesco Greco, che indaga sulla messa in liquidazione di Riva Fire tanto da averne chiesto il fallimento, l’intesa è stata raggiunta e prevede che la società versi poco più di 230 milioni di euro per chiudere il procedimento penale e consentire a Riva Fire entro la fine dell’anno di andare in amministrazione straordinaria. Con la Procura di Taranto, invece, il confronto - tra il procuratore capo Carlo Maria Capristo e l’avvocato Pasquale Annicchiarico, team leader della difesa della famiglia Riva - è serrato, vista l’imminente udienza, e prevede, sullo sfondo, la richiesta di applicazione della pena per Riva Fire e Riva Forni elettrici con la confisca, nei confronti della prima, di un miliardo e 100 milioni di euro bloccati in Svizzera a seguito di una inchiesta per riciclaggio della Procura di Milano e svincolabili, previa ovviamente intesa tra le parti, già a partire dall’udienza fissata alla corte del Jersey per il prossimo 2 febbraio. A poco più di un paio di milioni di euro ammonterebbe invece la sanzione pecuniaria per Riva Forni Elettrici.
Non patteggiabili sono le posizioni degli imputati Fabio e Nicola Riva, accusati di gravi reati - come l’avvelenamento di sostanze alimentari - che portano fuori soglia la pena base. Ma è evidente che in caso di accordo, l’atteggiamento processuale nei loro confronti non potrà non tenere conto dei soldi destinati alla decontaminazione e all’ambientalizzazione della fabbrica di Taranto.