L’azienda ha comunicato che adotterà tecniche di ascolto del sottosuolo “non invasive”, tecnologie “passive” che non arrecherebbero disturbo all’ambiente
La Shell torna a caccia di petrolio. La ricerca di idrocarburi nei mari che bagnano la Puglia e la Basilicata non si ferma. La multinazionale - come riporta il Sole24ore - ha avviato al ministero dell'Ambiente le procedure di valutazione di impatto ambientale per cercare giacimenti nelle aree definite La Cerasa e Pignola. L'azienda ha comunicato che adotterà tecniche di ascolto del sottosuolo "non invasive", tecnologie "passive" che non arrecherebbero disturbo all'ambiente, diverse insomma dalla tecnica dell'airgun che scatena le proteste degli ambientalisti.
La Shell Italia già nel luglio scorso, qualche mese dopo il referendum sulle trivelle, aveva riproposto le istanze di Via per questi due siti, per i quali già nel 2005 erano stati rilasciati permessi di ricerca. Ma a luglio scorso, il ministero dell'Ambiente archiviò quella richiesta del gruppo petrolifero. "Istanze tardive oltre che irrituali" le definì allora il presidente della Provincia di Potenza, Nicola Valluzzi.
Ora però Shell ci riprova e non si limita alla Basilicata. Il ministero ha infatti approvato le procedure per le ricerche nei giacimenti dell'Adriatico e ha dato il via libera allo studio sotto il fondale al largo di Crotone e in una vasta area al largo del golfo di Taranto. La stessa compagnia, a febbraio dell'anno scorso, a un mese dal referendum sulle trivelle, inviò una lettera al ministero dello Sviluppo economico con cui annunciava di voler rinunciare al permesso di ricerca di petrolio nello specchio di mare fra Puglia, Basilicata e Calabria (permessi tra l'altro bocciati nel 2013 dal comitato Via della Regione Puglia). Ora la multinazionale, a un anno di distanza e a referendum fallito, ci riprova.