lunedì 23 settembre 2024


30/01/2017 12:04:40 - Provincia di Taranto - Attualità

I rappresentanti di Uilm e Cisl: «Ogni lavoratore perderà 150 euro al mese»

Con la prossima scadenza dei contratti di solidarietà, si profila da marzo un ricorso alla cassa integrazione per 4-5mila dipendenti dell'Ilva di Taranto. La stima numerica deriva da fonti sindacali. Martedì 31 gennaio i sindacati metalmeccanici e l'azienda a Taranto si incontrano per avviare la tratativa. Ma l'Ilva è orientata a usare stavolta la cassa integrazione anzichè i contratti di solidarietà utilizzati negli anni scorsi: il cambio di ammortizzatore sociale sarebbe determinato dal fatto che non sarebbe più possibile usare la solidarietà.
"Ma al di là del cambio di strumento - dichiara Antonio Talò, segretario Uilm Taranto - va pure osservato che adesso, sul piano economico, non è che ci sia grande differenza tra la cassa integrazione e i contratti solidarietà perchè entrambi sono attestati sugli stessi massimali. Il punto vero, invece - prosegue Talò - è che i lavoratori perdono, in media, dai 130 ai 150 euro al mese e quindi bisogna trovare gli strumenti per compensare questo taglio del reddito. Noi l'abbiamo detto già alla viceministra del Mise, Teresa Bellanova, e pure la Regione Puglia deve darsi da fare. Certo, anche un altro anno di solidarietà sarebbe possibile, ma servirebbe una deroga".
"Sappiamo che con la cassa integrazione ci troveremo dinnanzi a numeri più alti rispetto alla solidarietà - annuncia Valerio D'Alò, segretario Fim Cisl - ma l'azienda non ci ha ancora fornito il quadro. C'è anche una ragione tecnica che spiega i numeri più alti: con la cassa integrazione, reparti interi si fermano da una data a un'altra data. Con la solidarietà, invece, c'è la rotazione e la possibilità che un reparto viaggi a un ritmo inferiore e con meno persone al lavoro".
Oggi la solidarietà coinvolge 3mila addetti ma l'ultima cassa integrazione all'Ilva, nel 1999, ha coinvolto 6mila unità. Nuove fermate di impianti per lavori di ammodernamento e mancanza di ordini: queste, per i sindacati, le ragioni che spingono l'azienda a chiedere ulteriori ammortizzatori sociali. "Non c'è molto lavoro - dice D'Alò - L'intera area dei tubifici resta ferma e in questa situazione di transizione, tra gestione commissariale e nuova proprietà in arrivo, è anche difficile che i grandi committenti si rivolgano all'Ilva. Prima vogliono vedere come va a finire".










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