L’operaio, 35 anni, perse la vita l'8 giugno del 2015
Indagini chiuse sulla morte di Alessandro Morricella, l'operaio 35enne dell'Ilva di Taranto travolto da fiamme e ghisa liquida alla base dell'altoforno l'8 giugno del 2015 e morto dopo quattro giorni. Nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari firmato dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dalla sostituta Antonella De Luca ci sono i nomi del direttore generale Massimo Rosini, del direttore dello stabilimento Ruggero Cola e quelli di altri quattro tra capi area e capi turno. Indagata anche l'Ilva spa in amministrazione straordinaria, citata quale responsabile amministrativa del reato di omicidio colposo contestato ai vertici dello stabilimento siderurgico tarantino.
Insieme con Rosini e Cola sono indagati per concorso in omicidio colposo il direttore dell'area ghisa Vito Vitale, il capo area Salvatore Rizzo, il capo turno Saverio Campidoglio e il tecnico del campo di colata Domenico Catucci. Alessandro Morricella doveva verificare manualmente la temperatura della ghisa attraverso un pozzino quando fu travolto da un'enorme fiammata e schizzi di ghisa e loppa alla temperatura di circa 1.500 gradi. Ricoverato al Policlinico di Bari, morì dopo quattro giorni di agonia.
Secondo l'accusa, nell'altoforno 2 non furono rispettate le norme di prevenzione e sicurezza sul lavoro: l'operaio avrebbe dovuto eseguire quella pericolosa manovra protetto da una solida barriera e invece non indossava nemmeno la cappa alluminizzata, un presidio di sicurezza comunque ritenuto inadeguato dai pubblici ministeri. I vertici della fabbrica sono accusati inoltre di non aver ripristinato la sicurezza neanche dopo l'incidente costato la vita a Morricella. A quattro degli indagati sono contestate diverse violazioni "per non aver attuato cautele in materia di rischi industriali connessi all'uso di sostanze pericolose" come il gas di altoforno.