venerdì 29 novembre 2024


03/08/2017 07:21:53 - Manduria - Cultura

La raggiera scomparsa dell’antico rosone gotico-rinascimentale

  Osservando il rosone della nostra Collegiata Insigne (o Chiesa Matrice) ho notato che, da qualche tempo, è in corso il progressivo distacco di tutte le piccole cuspidi (o punte) che erano state applicate nei punti di congiunzione di ciascuna coppia di archetti trilobati che circondano la finestra sferica.

   Staccandosi, ognuna di queste punte lascia ora intravedere il foro di alloggiamento del tassello metallico di fissaggio, che la ancorava alla congiunzione degli archetti, rivelando, in tal modo, il fatto che trattasi di elementi applicati posticciamente, per dare compimento a delle strutture rimaste monche.

   Subito mi si è affacciato il sospetto che l’attuale rosone manchi di una sua parte originale e, più precisamente, dell’antica raggiera in pietra.

  Se così fosse, la grande finestra circolare del nostro Duomo sarebbe stata, in precedenza, un rosone a sedici raggi costituiti da colonnine che, probabilmente, si dipartivano da un nucleo centrale come i raggi di un cerchio, ed erano raccordate tra loro dagli altrettanti archetti trilobati tuttora esistenti.

   Effettivamente, anche ad un esame sommario, il rosone attuale presenta, allo stato, quel tanto di incompiutezza che lascia supporre che esso non sia mai stato un rosone “semplice” (o privo di raggi), ma che abbia perduto nel tempo questi suoi elementi ornamentali, in seguito a crolli causati da eventi sismici o da mancata manutenzione.

   Il sospetto, oltre che dall’osservazione diretta del rosone così come esso attualmente si presenta, sembra trovare conferma nella testimonianza fornita dagli storici locali e nei documenti.   

   Il sac. Leonardo Tarentini nella sua “Manduria Sacra”, descrivendo il prospetto della Collegiata (la cui committenza attribuisce a tale Pantaleo Palmieri) scrive: “L’opera del Palmieri non fu rispettata dal tempo che tutto cancella e subì alcune avarìe in diversi tempi. Il terremoto del 1743 la danneggiò non poco e più tardi cadde una porzione del lavoro che ornava la sferica finestra: l’Università si occupò delle necessarie riparazioni. Verso il 1870 il frontespizio, mancante del compimento, si vedea pure rovinato nella base e fesso in diversi punti; il Ministro del Fondo Culto dette in appalto a Filippo Lecce i lavori necessari. Presentemente richiederebbe altre riparazioni e si attendono dal Governo.” (1).

  L’autore, nel passaggio evidenziato in grassetto (e che è sfuggito a molti), parla del crollo di “una porzione del lavoro che ornava la sferica finestra” seguito allo storico terremoto del 20 Febbraio 1743, che colpì la nostra città insieme ad altri centri del Salento.

   Ma l’attuale rosone, se si esclude la supposta raggiera in pietra, a prima vista non sembra mancare di alcuna altra parte o “porzione del lavoro che [lo] ornava” e, quindi, l’espressione utilizzata dallo storico locale viene ad assumere un significato abbastanza chiaro: il riferimento più probabile è proprio a questo elemento architettonico (la raggiera con colonnine di pietra) che risulta oggi perduto.  

   A parte ciò, altre conferme in tal senso sembrano provenire da alcuni documenti. 

  Nel conto o (diremmo oggi) bilancio dell’Università di Casalnuovo relativo agli anni 1742/43 sono presenti tracce relative ai danni subìti dal rosone della Collegiata a causa del grave evento sismico del 1743. Alla voce “Spese sostenute dall’Università di Casalnuovo per i danni causati dal terremoto del 20 Febbraio 1743” si legge “Per il restauro del campanile e del tetto della Chiesa madre (giornate lavorative, legname, chiodi, imbrici, calce, some di paglia, fattura della vetrata della sfera maggiore, accomodo del pulpito, accomodo dell’organo ed altro).” Mentre in altra parte del documento è riportato: “Per un travo servito per la sfera maggiore della Matrice Chiesa –duc. 1,60” (2).

   Appare evidente allora che il rosone o “sfera maggiore” della Collegiata (anticamente così denominato per distinguerlo dalla cosiddetta “sfera minore” costituita dal più piccolo rosone sovrastante l’abside) ebbe a riportare, con il terremoto, importanti danni: è molto probabile che tra questi danni, che richiesero l’intervento dell’amministrazione municipale dell’epoca (titolare dello jus patronatus sulla chiesa), sia da annoverare anche la caduta di quella “porzione del lavoro che ornava la sferica finestra”  di cui parlava il Tarentini.

    Del resto un ulteriore indizio, che avvalora l’ipotesi che il nostro rosone comprendesse anche una raggiera, è rappresentato dalla circostanza che detto elemento decorativo è quasi sempre presente negli edifici sacri di altri centri più o meno vicini, quali la Cattedrale di Ostuni (che molto spesso viene accostata come modello e maestranze alla Collegiata di Manduria), quella di Matera, e le Matrici di Laterza, Acquaviva, Altamura ed altre ancora.

    Tra questi la Chiesa Matrice di  Laterza (tipologicamente molto affine alla nostra) presenta un rosone a venti raggi impostati su un egual numero di archetti trilobati che, stilisticamente, richiamano immediatamente gli archetti del rosone di Manduria. I raggi sono composti da colonnine convergenti su un mozzo centrale a  mo' di ruota.

   Anche il rosone di Laterza nel corso del tempo aveva subito danni, tant’è che é stato smontato per il restauro nel 1976-1978 per eseguirne la pulitura e la ricostruzione di alcuni raggi mancanti che erano stati già rimpiazzati con elementi in legno.

 Ciò detto, dedico una considerazione finale al valore simbolico attribuibile al numero di raggi (sedici per l’esattezza) che, come abbiamo ipotizzato, dovevano comporre il rosone originario della nostra Collegiata.

  Secondo molti studiosi vi sarebbe un vero e proprio linguaggio dei rosoni, concidente soprattutto con il numero dei raggi (non sempre uguale) che li compongono.

  In genere, in un rosone, il numero di 16 raggi viene a simboleggiare, per alcuni, la ruota della vita oppure, essendo il quadrato di 4, secondo altri rappresenta la Terra il cui numero simbolico è 4 (la Terra come punto di partenza per l’ascesa verso il Cielo).

   Altri autori ancora osservano, invece, che il numero richiama il fatto che il Vecchio Testamento indica, complessivamente, 16 profeti (quattro profeti maggiori e dodici minori), mentre il Nuovo Testamento tiene conto di 16 tra apostoli ed evangelisti.

  Orbene, se ciò è vero, non è forse un caso che il rosone di Manduria sia contornato da tre cornici, delle quali quella più esterna è costituita da un “girotondo” di dodici figure sacre  (che si alternano a tralci di vite).

   Normalmente queste figure sono state interpretate proprio come profeti e in tal caso, tenuto conto del numero, si dovrebbe trattare dei dodici "profeti minori" (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia). Ma potrebbe anche trattarsi dei dodici apostoli.

  Gli ormai necessari lavori di restauro, che -spero- non tarderanno ad essere eseguiti sulla facciata della Collegiata, potranno essere l’occasione giusta per verificare, anche de visu, l’esattezza dell’ipotesi sopra avanzata riguardo alla struttura originaria del rosone.

 

    Giuseppe Pio Capogrosso

 

Note 

1)  Tarentini sac. Leonardo, Manduria sacra, ed. B.D’Errico, Manduria, 1899.

2)  Archivio di Stato di Napoli, sez. della Sommaria. Fondo conti comunali, Conti dell’Università di Casalnuovo e di Manduria, fasc. 767.

3) Le foto riproducono, nell’ordine, il rosone della Collegiata di Manduria (come si presenta attualmente e prima che avvenisse il distacco delle cd. cuspidi) e i rosoni delle Cattedrali di  Ostuni e  Altamura.











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