Un intervento di Confcommercio Taranto
«Le cozze di Taranto allevate nel secondo seno del Mar Piccolo o in Mar Grande, aree classificate per la molluschicoltura, non sono inquinate. I mitili prodotti in queste aree, sono allevati secondo le disposizioni sanitarie impartite dall’ASL TA e dalla Regione Puglia (con proprie ordinanze) e sono sottoposti a continui controlli che ne certificano la conformità alla normativa vigente. Pertanto, le cozze vendute da commercianti in regola sono sicure. Naturalmente tale garanzia viene meno se si acquista da rivenditori abusivi (i banchetti per strada). Diventa difficile in questo caso sapere dove e come è stato allevato il prodotto, se proviene da un allevamento abusivo o dal primo seno, dove è consentito l’allevamento del novellame ma non della cozza adulta che dopo il 31 marzo di ogni anno va trasferita nelle aree classificate.
Basta rivolgersi ad una attività commerciale autorizzata per avere la certezza di portare in tavola un prodotto sicuro.
D’altra parte le disposizioni normative ed i continui controlli (a centinaia dal 2013 ) da parte del Servizio veterinario del Dipartimento di prevenzione dell’ASL Ta1, e l’azione di vigilanza della Guardia di finanza, dei Nas e della Capitaneria di porto fanno si che si possa a buon diritto affermare che sul mercato legale non vi è un prodotto mitilicolo più monitorato e sorvegliato della cozza di Taranto, molto più controllato in tutte le sue fasi di allevamento, di altri mitili allevati altrove.
La continua azione di monitoraggio da parte del personale dell’ASL garantisce non solo il controllo della filiera, ma anche il contrasto all’abusivismo nei cui confronti sono state rivolte le numerose – e anche recenti- operazioni di distruzione del prodotto.
Perciò attenzione alle generalizzazioni e affermazioni che tendono ad alimentare disinformazione e inutili allarmismi. ‘Occorre – come diceva Kofi Annan- fare attenzione a non lasciare che i crimini commessi da singole persone o da piccoli gruppi ci facciano cadere nella trappola delle generalizzazioni.’
Purtroppo però si tende a generalizzare, facendo passare con molta leggerezza il concetto che le cozze di Taranto siano pericolose per la salute umana, provocando così un ulteriore danno ad una categoria di operatori che da anni cerca di riemergere dalla crisi del settore che a partire dal 2013 – allorquando fu accertata la presenza nel 1° seno di diossine e PCB- ha portato al fermo delle attività e alla distruzione di tonnellate di mitili. Una crisi dalla quale i produttori – spesso lasciati soli- hanno cercato con gran fatica e dispendio economico di riemergere, accettando nuove modalità operative, nuove sfide.
Oggi c’è un percorso di crescita (investimenti, formazione) ed una fiducia nel futuro del settore che non può essere messo in discussione da facili e superficiali affermazioni. Mettere in discussione la sicurezza della cozza di Taranto, generalizzare affermando – come si legge in queste ore sulla stampa- che le cozze in commercio sono contaminate, senza distinguere tra mercato legale e mercato illegale, equivale a bloccare il processo di rilancio della cozza di Taranto.
Un danno non solo per la categoria dei mitilicoltori, sulla cui pelle si gioca da sempre con molta leggerezza, ma un danno per Taranto. Un danno per il commercio e per il turismo enogastronomico. I mitilicoltori non vogliono sconti, ma neanche inutili pugni in faccia.
Basta, davvero basta, è ora di smetterla di farsi del male da soli».
Confcommercio Taranto