«I lavoratori e l’indotto non possono essere considerati un optional dalla nuova proprietà Ilva»
«Da quando si è messo in moto il complesso iter per la vendita dello stabilimento Ilva di Taranto, da rappresentante istituzionale del territorio ho ripetuto in più occasioni e in ogni sede che il risarcimento e la bonifica ambientale e il mantenimento dei livelli occupazionali per scongiurare l'ennesima emergenza, questa volta di natura sociale, dovevano essere prioritari e imprescindibili per non condannare a morte un territorio per troppi anni bistrattato e dimenticato da una politica assente ingiustificata. Ho seguito l'avvicendarsi dei governi, dei ministri, dei commissari, con fiducia negli impegni assunti e nelle promesse più volte ribadite pubblicamente, ma al tempo stesso con apprensione per la loro effettiva ottemperanza. Apprendere così di 3311 esuberi, di accordi presi con le organizzazioni sindacali considerati carta straccia, di azzeramento dei contratti, licenziamenti in massa e nuove assunzioni in nome della flessibilità introdotta dal job acts, di nessuna garanzia per il considerevole indotto, le linee guida della proposta elaborata da AM Investco e dal governo, suscita in me amarezza, indignazione e forte preoccupazione. E l'insopportabile retropensiero che saranno ancora una volta i lavoratori a pagare il conto di scelte scriteriate e di una lunga serie di errori, ritardi e manchevolezze. Per questo mi rivolgo direttamente al ministro Claudio De Vincenti, che la realtà tarantina la conosce bene, per valutare bene quanto sta accadendo e per raccogliere le voci e le legittime istanze e rimostranze delle organizzazioni sindacali e di un intero territorio sempre più esasperato e non intende più rassegnarsi al ruolo di vittima sacrificale».
Luigi Morgante