Il rapporto tra il santo e la città, durato breve tempo, fu sufficiente a costituire un legame molto più saldo e persistente con la elezione di S. Carlo a patrono e protettore avvenuta, a quanto pare, nel 1630
Vi riproponiamo un articolo un saggio di Giuseppe Pio Capogrosso, pubblicato tempo fa dal nostro portale. In quella circostanza fu espresso l’auspicio che la comunità manduriana si ricordasse del compatrono San Carlo. Quest’anno quell’auspicio si è concretizzato.
Il 21 aprile dell’anno 1565, in una giornata memorabile per la comunità locale, il procuratore del cardinale Carlo Borromeo, alla presenza delle autorità politiche ed ecclesiastiche, nonché della popolazione festante, prendeva possesso della Terra di Casalnuovo (Manduria) secondo un rituale ben preciso che, tra l’altro, prevedeva l’apertura e la chiusura della Porta Grande di accesso alla città (Janua Magna) e la consegna delle chiavi al Sindaco pro tempore il quale veniva autorizzato a custodirle “sub nomine et ad instantiam” dello stesso cardinale, nuovo legittimo feudatario.
Il relativo atto notarile, rogato dal Notar Antonio Minioti di Lecce, che segue il tipico cliché degli altri atti similari, noti come “captio possessionis”, si trova nell’Archivio di Stato di Lecce ed è stato segnalato dallo storico Gianni Jacovelli nel suo importante studio “Manduria nel Cinquecento” (Congedo editore – 1973).
La presa del possesso di Casalnuovo da parte del rappresentante del cardinale, si univa a quella degli altri centri del Marchesato, comprendente Oria e Francavilla Fontana.
Nel 1568, ad appena tre anni di distanza dal fatto, l’intero feudo di Oria, Casalnuovo compreso, veniva rivenduto dal cardinale Carlo Borromeo per la somma di quarantamila ducati che, secondo la tradizione, sarebbero stati distribuiti in un solo giorno in elemosine alla popolazione di Milano. L’episodio, com’è noto, è ritratto nella celebre tela di Giovan Battista Crespi, detto il Cerana.
Fu quella del santo cardinale una presenza veramente breve e, per essere precisi, neppure reale ed effettiva, visto che, a quanto pare, egli non visitò mai le terre di questo suo feudo, lasciandole amministrare da propri incaricati.
Senonché questo rapporto tra il santo e la città, durato così breve tempo, fu sufficiente a costituire un legame molto più saldo e persistente con la elezione di S.Carlo a patrono e protettore avvenuta, a quanto pare, nel 1630.
La scelta, certamente, fu dettata dalla immediata fama di santità e dalla celebrità del grande santo che, morto nel 1584, fu proclamato beato nel 1602, ed ascese agli onori degli altari e fu canonizzato il 1° Novembre del 1610 da papa Paolo V (Camillo Borghese), con la ricorrenza festiva fissata, secondo la tradizione della Chiesa, il giorno della sua morte, il 4 Novembre. Ma, indubbiamente, nella nomina a protettore ebbe un ruolo non meno importante la buona memoria, che la comunità mandurina conservava, degli anni in cui il cardinal Borromeo era stato suo feudatario.
Sin dal principio si diffuse il culto del santo, al quale nella Chiesa Collegiata (l’attuale Chiesa Matrice) fu dedicato un altare ed una cappella laterale.
La cappella, ci informa lo storico locale Leonardo Tarentini nella sua opera “Manduria Sacra”, era situata nella navata laterale esterna di destra, nel luogo in cui si trova oggi l’ingresso del cappellone del principale compatrono S.Gregorio Magno, e fu demolita proprio per far posto alla erezione del cappellone. Il citato autore riferisce ancora che essa, così come il relativo altare, era rivestita di “tavole intagliate finamente” e che “della Cappella mantiene la cura la Magnifica Università”.
Di pari passo con la diffusione del culto andò quella delle immagini e delle reliquie del santo.
Sempre il Tarentini ci fa sapere che sopra l’altare della Collegiata si trovava la statua di S. Carlo “vestito degli abiti cardinalizi in atto di guardare il Crocifisso che teneva sur un piccolo tavolino insieme al teschio di morte”. La statua riferisce l’autore è quella che, tolto il tavolino e ciò che si trovava sopra, ancor oggi vediamo collocata nell’altare della Chiesa dell’Immacolata di Manduria, altare che fu ivi eretto dopo la demolizione dell’antica cappella situata nella Collegiata. Detta statua, di fattura secentesca, è più antica della statua lignea del protettore principale S. Gregorio Magno, oggi conservata nella Collegiata, nota opera lignea dei fratelli Trillocco di Napoli eseguita su disegno di Giuseppe Sammartino, la quale ultima giunse a Manduria nel marzo 1786.
Ma oltre a detta statua, vi era un busto del santo, della cui esistenza ci informa il Tarentini ricordando che si esponeva “…nel dì festivo 4 Novembre dalle prime vesperi sopra una credenza o piccolo altarino a canto dell’altare nel Corno dell’Evangelio”. Di detta effigie di S.Carlo l’autore attestava che “in una nicchia dell’abside del coro esiste presentemente”.
Dovrebbe trattarsi del busto reliquiario già esposto (e che, personalmente, ricordo di aver visto non molti anni addietro) in una sala del convento dei francescani di Manduria.
Tale opera, ora, fa bella mostra di sé nel Museo Diocesano di Oria. In mezzo al petto, in un incavo ancora visibile, detto busto conteneva un pezzo della porpora del santo protetta da un vetro di forma ovale.
Sempre nella cappella della Collegiata veniva esposto, nel giorno della festa, un ostensorio d’argento contenente un’altra reliquia del santo, donata al Capitolo dal noto cardinale manduriano Tommaso Maria Ferrari. Detto ostensorio dovrebbe ora trovarsi nella nicchia che custodisce i reliquari in argento, ubicata nella navata laterale interna di sinistra.
La notizia relativa alla esistenza delle due reliquie ci viene confermata dal cronista Francesco Maria Ferrara, nel suo manoscritto del ‘700 intitolato “Breve e vera notizia di Manduria, volgarmente detta Casalnuovo e delli suoi cittadini”. In detta opera l’autore scrive: “Manduria ebbe la sorte di vivere sotto il dominio del glorioso S.Carlo Borromeo, del quale la magnifica Università ne tiene una cappella con la Sua statua, e reliquia di un pezzetto di porpora, nella sua Collegiata insigne, et oggi il Capitolo di detta Collegiata insigne ave ottenuto per mano dell’Ill.mo Sig. Cardinal Ferrari un'altra reliquia di detto Santo, di un pezzetto di osso in un ostensorio d’argento”.
Oltre alle citate statue, molte sono le riproduzioni pittoriche presenti a Manduria, fra cui, principalmente, una tela presente nella Chiesa dell’Immacolata, la bellissima tela recentemente restaurata di Giovanni Bernardino Azzolino nella Chiesa di S.Francesco (in cui S.Carlo è raffigurato ai piedi della SS.Vergine con Bambino insieme ad altri santi), la tela di Diego Oronzo Bianchi nella Collegiata, che riproduce il santo, insieme ad altri santi comprotettori ed all’Immacolata, ai piedi di Cristo Redentore assiso in trono, una tela nel convento di S.Antonio raffigurante S.Carlo che distribuisce la comunione agli appestati di Milano, la tela di Carlo Arnò nella Chiesa di S.Paolo della Croce ed altre ancora.
Infine, è da segnalare la statua in pietra collocata all’ingresso di Manduria, sopra l’Arco di S.Angelo o Porta Napoli, sul lato destro rispetto a chi entra, insieme agli altri compatroni, l’Immacolata Concezione (al centro) e S.Gregorio Magno (a sinistra).
Un’ultima notizia riportata dal Tarentini (cfr. Cenni Storici di Manduria Antica – Casalnuovo – Manduria Restituita, Tip. La Veloce – Cosenza, 1931) riguarda la presenza in Manduria di alcuni Borromeo parenti del santo, originariamente incaricati dell’amministrazione del feudo, i quali, in epoca successiva, sarebbero decaduti economicamente e socialmente. Detto ramo “cadetto” si sarebbe estinto, a dire dell’autore, nel 1815 con la morte dell’ultimo discendente che, di professione, avrebbe fatto il fornaio.
Di tanta rilevanza che, come attestano le notizie sopra riportate, il culto del santo compatrono ha avuto in passato, oggi, purtroppo, è rimasto ben poco.
La comunità cittadina, e non certo per sua colpa, sembra aver quasi perso memoria del fatto, a causa anche della crescita di importanza che, nel tempo (a partire dalla fine del 1700), hanno avuto la figura dell’altro compatrono S.Gregorio Magno ed i festeggiamenti in suo onore.
Un posticino riservato al ricordo di questo grande santo al momento manca nella vita cittadina.
A parte la muta presenza delle immagini scultoree e pittoriche superstiti, presenti nelle chiese innanzi indicate (qualche altra immagine, purtroppo, non dimora più a Manduria), pare che la ricorrenza festiva annuale che, come già detto, cade il 4 Novembre, passi inosservata senza alcuna celebrazione civile e, perfino, religiosa.
Giuseppe Pio Capogrosso