Il suo appello al governatore Emiliano e al sindaco di Taranto
A causa della contaminazione nelle cozze da diossina e pcb nel primo seno del Mar Piccolo di Taranto, ha subito la distruzione di tutti i mitili della sua azienda allevati nel 2011, 2012 e 2013 e ha dovuto trasferire l’allevamento in Mar Grande, ma ha perso il lavoro e la sua casa è stata pignorata.
Ora Luciano Carriero, mitilicoltore che lavorava in mar Piccolo da quando aveva dieci anni ed usciva in mare insieme a suo padre, rivolge un appello - tramite l’associazione Peacelink - al sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e al governatore pugliese Michele Emiliano.
«Cari amministratori, la mia unica richiesta - sottolinea - è quella di tornare a lavorare come produttore, come allevatore di cozze. Vi prego di mettermi in condizioni per poterlo fare, ascoltatemi, datemi la possibilità di pagare le rate del prestito e scongiurare la vendita della mia casa. Voglio tornare a guardare mia moglie e i miei figli con serenità ma non posso farlo perché tra qualche settimana rischio di ritrovarmi per strada senza un tetto». I controlli furono eseguiti dopo la denuncia degli ambientalisti che riguardava le emissioni inquinanti dell’Ilva.
Carriero ricorda che per rinnovare gli impianti per l’allevamento delle cozze nel primo seno del Mar Piccolo nel 2009 chiese un finanziamento ponendo a garanzia di questo i suoi beni.
«L'attività della mia azienda - spiega - andava molto bene: produceva 700 tonnellate di cozze all’anno e dava lavoro a 15 operai. Dal 2011, con il rilevamento dei valori oltre i limite di legge di diossina e Pcb, è iniziato il declino del nostro settore». Per ordinanza della Asl, racconta il mitilicoltore, "dovette andare al macero tutto il prodotto perché risultato contaminato. Spostai quindi la mia attività in Mar Grande ma in questo caso, nonostante in quelle acque non sussisteva la problematica inquinamento, mentre in Mar Piccolo mi ha sconfitto la diossina in Mar Grande mi ha sconfitto la burocrazia. Anche la produzione del 2014 andò persa nonostante fosse controllato e sano, perché mancava la completa classificazione delle acque e non fu autorizzata la vendita».
L’imprenditore fu costretto a licenziare gli operai e a non rinnovare le concessioni che scadevano a dicembre del 2015. «Sono stato onesto, ho voluto rispettare - conclude Carriero rivolgendosi a Melucci ed Emiliano - tutte le regole imposte dalla Asl, dal Comune, dalla Regione, ma ciò non è stato fruttuoso. Ho agito nella legalità, mentre i miei impianti lasciati nel primo seno del Mar Piccolo sono stati occupati dagli abusivi. Vi prego di ascoltare il mio appello perché ciò non significa aiutare solo Luciano Carriero ma soprattutto riprogettare il futuro del mestiere più antico e nobile della nostra amata città».