lunedì 25 novembre 2024


21/01/2018 11:49:12 - Provincia di Taranto - Attualità

Il rischio è di costruire un sistema di tutela che invece di rendere ancora più competitiva la qualità degli oli pugliesi sui mercati nazionali ed esteri, finisca col frenare e soffocarne le potenzialità

 

La qualità dell’olio d’oliva va valorizzata, ma bisogna fare attenzione a non soffocarla con troppi vincoli. In questo senso l’obiettivo di ottenere la denominazione “Olio di Puglia” come indicazione geografica protetta (IGP) è, secondo Confagricoltura Taranto, pienamente condivisibile.

«Guardiamo con favore - commenta il presidente Luca Lazzàro, anche nella sua veste di vicepresidente di Confagricoltura Puglia - all’introduzione di norme volte a tutelare la produzione olivicola pugliese, così caratteristica e pregiata, divenuta ormai una delle voci principali dell’export. La denominazione IGP “Olio di Puglia”  permetterà una maggiore tutela dell’olio pugliese contro le frodi, particolarmente diffuse nel settore, tutelando il consumatore e il produttore con la garanzia di un prodotto di elevata qualità».

Le perplessità, tuttavia, sorgono rispetto ai contenuti della tutela, giacchè l’indicazione di protezione – così come prospettata - potrebbe tagliare fuori diverse tipologie di olio prodotto in Puglia.

«Riteniamo troppo stringenti – spiega Lazzàro - i vincoli introdotti dalla norma in materia di caratteristiche organolettiche del prodotto, assai più rigidi delle norme che regolano la Denominazione di origine protetta (DOP), la quale, come noto, richiede che tutte le qualità e caratteristiche dell’olio d’oliva siano legate al territorio di produzione».

Il rischio, insomma, è di costruire un sistema di tutela che invece di rendere ancora più competitiva la qualità degli oli pugliesi sui mercati nazionali ed esteri, finisca col frenare e soffocarne le potenzialità.

«Abbiamo dubbi su diversi aspetti – rimarca Pantaleo Greco, presidente della Federazione Nazionale Olivicola di Confagricoltura - Ad esempio, sulla percentuale di acidità, paradossalmente più bassa rispetto alla norma DOP, così come sui vincoli salutistici molto stretti e difficili da ottenere sia con le cultivar autoctone salentine, sia con le metodologie di allevamento utilizzate, sia con le condizioni pedoclimatiche in Puglia, sia con la metodologia di raccolta e di lavorazione del prodotto».

«È limitante – continua ancora Greco - escludere o limitare cultivar oggi considerate “straniere”. Il Salento oggi, ma in un prossimo futuro anche altri areali, dovranno necessariamente considerare cultivar la cui principale caratteristica è la tolleranza alla Xylella, non la provenienza. È emblematico l’esempio cerasicolo della Ferrovia, che viene considerata italiana ma che in realtà proviene dalla Germania».

«Il perimetro della norma – sottolinea Angelo De Filippis, vicepresidente Ajprol Taranto – può essere tracciato meglio anche in relazione all’imbottigliamento del prodotto successivamente alla molitura: è comprensibile che debba avvenire in un raggio di 125 km, ma ha senso una previsione del genere in una regione che dal Gargano a Leuca è lunga più di 400 Km?». «Rivedere questo e gli altri criteri più controversi – conclude il presidente di Confagricoltura Taranto  - può davvero trasformare l’IGP “Olio di Puglia” in un prezioso alleato degli olivicoltori pugliesi, invece che rischiare di rivelarsi una bella scatola vuota perché scarsamente utilizzabile».











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