martedì 26 novembre 2024


24/01/2018 09:15:08 - Manduria - Attualità

Una devozione dimenticata

 

Appena distinguibile nella penombra, collocata in una nicchia nella parete di fondo di una delle più belle chiese barocche di Manduria, c’è la statua della Madonna di Costantinopoli. E’ una delle poche opere di scultura litica policroma che il patrimonio artistico cittadino può annoverare, ma soprattutto è l’unica testimonianza superstite, insieme a non più di un paio di dipinti, di una devozione dimenticata, alimentata in passato dall’esistenza di  una  specifica confraternita.

La devozione per la Madonna di Costantinopoli nelle terre del Sud Italia ha origine da un fatto drammatico per la cristianità: nel 1453 i Turchi, di religione musulmana, assediarono e conquistarono Costantinopoli, cioè il principale punto di riferimento religioso per i cristiani d’Oriente, oltre che la capitale di un vasto impero (l’impero bizantino) la cui parabola storica era durata quasi un millennio.

Gli abitanti di Costantinopoli si rivolsero, in quella triste circostanza, alla protezione della Madonna Odegitria, che  sottrasse  la popolazione a  conseguenze ancora più disastrose. Il culto per la Vergine, già fortemente radicato in Oriente, si rafforzò dunque ulteriormente dopo il dramma della conquista musulmana. I Turchi , nell’ambito del loro progetto espansionistico, arrivarono però ad insidiare anche l’Occidente: presero Otranto nel 1480, e da allora il pericolo di un assoggettamento non  solo delle terre meridionali, ma dell’intera penisola e di tutta l’Europa, si fece terribilmente concreto.

Così, la gente meridionale decise di mettersi sotto la protezione particolare della Vergine di Costantinopoli e il clero decise di sostenere questa esigenza collettiva con l’edificazione di cappelle ed edicole votive dedicate alla nuova patrona. Questo si verificò anche a Manduria.

Stando a quanto sostiene il Tarentini nella sua “Manduria Sacra” (Manduria 1899), ai primi del sec. XVI si sviluppò nella cittadina messapica una devozione specifica per la Vergine di Costantinopoli. In verità, per il momento non disponiamo di  un riferimento cronologico preciso relativo alla nascita di questa devozione in ambito locale. Lo stesso Tarentini, però,  riferisce, su base documentaria, che nel 1587 esisteva sicuramente un confraternita sotto il titolo di Santa Maria di Costantinopoli, che faceva riferimento ad una cappella situata nel sec. XVI nel luogo in cui attualmente sorge la chiesa di San Leonardo Abate.

Non siamo in grado di sapere, per mancanza di documenti, se oggetto concreto della venerazione dei confratelli fosse un dipinto (un’opera tardo bizantina?) o una statua: della suppellettile della distrutta cappella non rimane la minima traccia artistica; forse solo le Visite Pastorali potrebbero tramandarne il ricordo.

La cappella fu distrutta nel 1702 per far posto all’erigenda chiesa di San Leonardo, attualmente visibile, ma il culto verso la Madonna, evidentemente radicato in modo significativo nella popolazione, non si estinse con la distruzione della vecchia chiesa .Dopo circa due secoli di permanenza nel luogo di culto originario, infatti, la devozione “migrò” in un nuovo edificio, già in costruzione, che sarebbe stato intitolato proprio alla Madonna invocata contro il pericolo turco.

Oggi, le uniche testimonianze visive della devozione per Santa Maria di Costantinopoli  a Manduria sono costituite da due dipinti e da una statua litica. Nella chiesa Matrice si trova una tela raffigurante la Madonna di Costantinopoli, San Nicola e il committente (un ecclesiastico non identificato). In Santa Maria, invece, le testimonianze del culto sono due: un dipinto e una statua, rispettivamente realizzate la prima su impulso privato (nobiliare) e la seconda su iniziativa ecclesiastica (ordine degli Agostiniani). Sono entrambe accomunate dalla presenza di un attributo iconografico particolare, l’unico che di fatto ci permette di ricondurre entrambi i manufatti ad una devozione per la Vergine di Costantinopoli.

Sia nel dipinto che nel basamento della statua sono raffigurati infatti alcuni soldati turchi che scappano da un edificio in fiamme, evidente riferimento all’assedio musulmano di Costantinopoli del 1453 e alle probabili profanazioni di luoghi sacri, le cui conseguenze, secondo la tradizione, furono mitigate, ma non del tutto impedite, dall’intervento della Vergine.

Il dipinto, di intonazione marcatamente devozionale, è probabilmente opera dell’astigiano Secondo La Veglia, che lo realizzò nella seconda metà del sec. XVIII.

La statua in pietra policroma, graziosa, anche se invero collocata in posizione piuttosto appartata, è invece opera di autore ignoto, forse locale, ed è fatta risalire, col conforto documentario, al 1725, anno della consacrazione della chiesa. Si tratta di una scultura di intonazione devota: la Madonna,dalle fattezze spiccatamente popolari e dallo sguardo fermo, regge in braccio il Bambino, che si rivolge all’osservatore con gesto benedicente. Ella indossa velo bianco, tunica rossa e mantello azzurro, questi ultimi caratterizzati dalla presenza di una decorazione floreale dorata, che pare imitare, in modo semplificato, il ricco “estofado ” delle coeve sculture lignee barocche, di cui nelle chiese manduriane è apprezzabile più di un esempio. 

 

Nicola Morrone











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