«Conoscete e aiutate questi ragazzi offrendo loro una speranza per un futuro diverso. Scoprirete che non sono un peso per la società, ma una bella risorsa»
In “Come in Africa”, la storia scritta da Alba Mazzarella, Rashid è un ragazzo nigeriano che, dopo i pericoli e i rischi della traversata del Mediterraneo e l’arrivo nel centro di prima accoglienza, trova la sua piena integrazione a Manduria: accolto con amore da una famiglia del posto, si inserisce nella comunità messapica. Un gradevole racconto a lieto fine, ben scritto da Alba Mazzarella, scrittrice per diletto. Un racconto dapprima selezionato nell’ambito del concorso letterario “Puglia quante storie” e poi classificato al secondo posto nella classifica finale determinata attraverso i voti dei lettori.
Ma com’è la realtà di questi ragazzi che arrivano in Europa e che, spesso, hanno un destino incerto? La sensibilità di Alba Mazzarella verso l’integrazione dei migranti va oltre il suo apprezzato racconto.
«Si tratta di ragazzi, bambini, donne e uomini che scappano da realtà drammatiche» ricorda Alba Mazzarella. «Rischiano a più riprese la loro vita per cercare un rifugio in un Paese dell’Europa e, purtroppo, quasi mai per loro c’è il lieto fine che ho immaginato nella storia da me raccontata.
A novembre, presentando a Manduria il mio racconto, ho avuto modo di conoscere il centro Sprar di Manduria: ho apprezzato chi lo gestisce (la cooperativa “La Rinascita”) e ho incontrato tanti ragazzi rifugiati. Ho fatto amicizia con Sambou e con Abdi Rashid (quest’ultimo, curiosamente, ha il nome del protagonista del mio racconto). Insieme a tanti altri coetanei, vivono nella nostra città, ma pochi manduriani sono a conoscenza della loro presenza e pochi li aiutano, pur essendoci varie opportunità per facilitare la loro integrazione: le aziende locali, ad esempio, avrebbero la possibilità di assumerli gratuitamente per uno stage di avviamento al lavoro di tre mesi (esistono, a tal fine, dei fondi statali), trascorsi i quali le aziende potrebbero assumerli definitivamente o interrompere il rapporto di lavoro.
C’è chi, pretestuosamente, non è d’accordo sui 25 euro a settimana (non al giorno) che vengono erogati a questi ragazzi, facendo finta di ignorare che queste somme, poi, sono spese dai migranti nei paesi in cui sono ubicati i centri Sprar e, quindi, sono risorse che confluiscono nell’economia locale.
Questi ragazzi frequentano corsi di lingua italiana e brevi stage per imparare mestieri, anche se (come ad esempio Sambou), nel loro Paese frequentavano l’università e parlano correntemente due o tre lingue. Ma sanno che l’accoglienza nei centri Sprar non è infinita: un anno e poi si ritroveranno senza un tetto e senza una fonte di reddito. Per questo sono disponibili per qualsiasi lavoro gli venga offerto.
Rivolgo un appello: avvicinatevi ai centri Sprar, conoscete e aiutate questi ragazzi offrendo loro una speranza per un futuro diverso. Scoprirete che non sono un peso per la società, ma una bella risorsa».