Camminando camminando in questo luogo detto villa dei monaci con la natura che parla e prega
Nella ricerca di oasi di pace e di scenari mozzafiato come quelli che solo la nostra Italia può offrire, mentre procedevo verso Napoli dopo una bella sosta alle rovine di Pompei, decido di fermarmi a Saviano a visitare un giardino misterioso, del quale un buon amico mi ha molto parlato.
Se passi da Napoli, mi aveva suggerito, trova il tempo di fermarti a Saviano, un piccolo paese nel quale troverai un giardino fantastico nel quale gli alberi ti racconteranno la loro storia.
Decido allora con la mia famiglia di soddisfare questa curiosità e fare una sosta in questo piccolo centro abitato alla ricerca di quest’oasi incantata. Chiedo informazioni a qualcuno incrociato sulla strada che mi indica con sicurezza il Convento dei Servi di Maria e mi dice di chiedere di padre Gabriele, il quale mi avrebbe saputo guidare tra i sentieri di questo giardino.
La curiosità cresceva sempre di più. Mio figlio piccolo mi chiedeva: papà ma come fanno gli alberi a parlare? Pazienza, gli rispondeva mia moglie, aspetta e lo scopriremo insieme.
Arrivati al convento, incontriamo finalmente padre Gabriele, un simpatico frate con l’orecchiabile accento campano che ci accoglie con grande entusiasmo e ci guida in questo percorso.
Dove ci troviamo, gli domanda mio figlio, mosso da grande curiosità? Ci troviamo nella Villa Carrella detta dei Monaci – risponde la nostra brava guida – che due benefattori, i coniugi Luigi e Laura Carrella, donarono al padre servitano Girolamo Russo, il quale partì da Roma alla volta di Saviano il 21 giugno 1921.
Sulle orme di padre Russo, che in quel bellissimo giardino iniziò il suo cammino pastorale, si è voluta portare avanti l’iniziativa di accompagnare ogni albero di quel giardino con un significato che viene spiegato attraverso testi, poesie e passi biblici.
Il percorso per sentieri e non per viali (la differenza starebbe – ci spiega la guida - nella scelta di una strada più personalizzata che ci porta alla scoperta del proprio io) inizia da una gigantesca magnolia che recita le parole di Pablo Neruda, continua attraverso le spine di un roseto che ci dicono di non volerci pungere ma di difendere la loro bellezza, e proseguono per un’altra magnolia, i cui rami squarciati da un temporale sembrano mani protese verso il cielo e verso il Signore.
Arriviamo poi ad un bivio in cui ci sottoponiamo ad una scelta: proseguire verso il pozzo della Samaritana, dove il Signore ci ricorda che è acqua viva che ci disseta, oppure andare verso la Croce, sentiero più difficile e sofferto, nel quale ci accompagnano i sette dolori della vergine. Il primo, ci spiega padre Gabriele, è un percorso semplice che ci porta a dissetarci, l’altro invece è impervio in quanto richiede sacrificio e riflessione.
Ed ancora ci soffermiamo davanti ad una radice enorme, grande 6 metri di circonferenza ed attorniata dai tronchi, che ci ricorda le parole di Isaia: “sono come una radice in terra arida”. Qui davanti a noi si svolge una piece teatrale: compare un anziano attore, munito di un bastone che impersona la vecchia radice e che, seduto su un tronco, inizia a dialogare con mio figlio, il quale esordisce chiedendogli: “ma che fine hai fatto, non sei buono nemmeno ad essere bruciato? Non sei buono a niente?” La radice lo chiama vicino a sè e lo rimprovera dolcemente: “ma non sai contare fino a 50?” Si risponde il bambino. Ed allora insieme iniziano a contare i cerchi concentrici della grande radice: “Vedi mio caro, io per 50 anni sono stata nascosta sotto terra a prendere la linfa necessaria per far crescere l’albero e per generare l’ultima foglia che si innalza verso il cielo”.
Siamo davvero commossi da questa scena, mio figlio quasi è arrossito per l’emozione. Aveva proprio ragione il mio amico che mi aveva consigliato di trovare il tempo per visitare questo giardino. Ne è valsa proprio la pena!
Salutiamo padre Gabriele che ci dà il suo commiato in una capannina tra le foglie dove è adagiata una madonnina e davanti a Lei leggiamo insieme una preghiera di papa Francesco, di cui ci viene fatto dono in una immaginetta.
Riprendiamo quindi il nostro viaggio, ricchi delle parole che gli alberi che ci hanno trasmesso e consapevoli che occorre imparare ad ascoltare la natura, senza correre, ma camminando lentamente, perché solo così possiamo osservare e percepire le cose che stanno vicino a noi e che hanno tanto da dirci e da insegnarci.
Un turista in visita a Saviano