«L’esperienza da me vissuta, come quella dei colleghi di Parabita e di Monte S. Angelo, rendono più che plausibile la sensazione che lo scioglimento per infiltrazione mafiosa sia uno strumento sempre più spesso utilizzato per eliminare dalla scena politica avversari scomodi»
L’ex sindaco Roberto Massafra plaude all’iniziativa dei Radicali tesa a modificare la legge che regola lo scioglimento dei Comuni sospettati di infiltrazione mafiosa.
«Interrompo per un attimo il silenzio che mi ero imposto dalla fine del mandato per plaudire all’iniziativa dei Radicali e per ribadire le ragioni che mi hanno indotto a presentare ricorso, con altri ex amministratori di Manduria, avverso al decreto di scioglimento, sporgendo querela per calunnia e diffamazione nei confronti dell’ex ministro Minniti» afferma Massafra.
«L’esperienza da me vissuta, come quella dei colleghi di Parabita e di Monte S. Angelo, rendono più che plausibile la sensazione che lo scioglimento per infiltrazione mafiosa sia uno strumento sempre più spesso utilizzato per eliminare dalla scena politica avversari scomodi, appartenenti a schieramenti opposti a quelli del ministro in carica. Per ottenere lo scopo, nel mio caso, l’on. Minniti non ha esitato a cambiare le carte in tavola, inventando di sana pianta un mio “interessamento” per favorire l’assunzione di un malavitoso che non ho mai conosciuto, come del resto risulta dagli atti dell’indagine della Procura Antimafia. Dalle 600 e passa pagine degli atti dell’inchiesta “Impresa”, da cui è scaturito l’accesso antimafia e il successivo commissariamento, risulta viceversa in modo chiaro la mia “impermeabilità” nei confronti di qualsivoglia tentativo di condizionamento mafioso.
Evidentemente era necessario “mettere in mezzo il sindaco” per rendere credibile un decreto di scioglimento di per sè immotivato. Fregandosene, con ciò, di quelle che potevano essere le implicazioni personali, professionali, sociali e familiari di un’accusa così infamante, nel più puro stile stalinista, ultimo rigurgito di un ministro cacciato a furor di popolo e bocciato anche in quel Collegio che era il più rosso d’Italia».