L’organizzazione professionale sollecita l’erogazione degli indennizzi
“Continuano le mattanze dei lupi che aggrediscono e sbranano pecore, mucche e capre, in barba a recinzioni e reti. Questa volta è accaduto a Martina Franca dove sono 10 le capre sbranate, ma le segnalazioni arrivano da tutta l’area a cavallo tra le province di Taranto e Bari. E’ impensabile che non si possa contare ancora sulla legge regionale che ha codificato le misure contro i danni da fauna selvatica perché è stata impugnata dal Governo. Ai nostri allevatori servono indennizzi immediati e definiti, perché non si contano più i danni arrecati alle produzioni e agli allevamenti dagli animali selvatici”.
E’ quanto denuncia il presidente di Coldiretti Taranto Alfonso Cavallo.
Gli imprenditori agricoli e gli allevatori vivono uno stato di malessere che cresce in misura esponenziale e la preoccupazione aumenta – conclude Coldiretti Taranto - se si considera la capacità di adattamento di cinghiali, lupi e storni ai cambiamenti ambientali, dato che sono comparsi anche in aeree da cui risultavano assenti da anni e stanno mettendo a rischio la stessa presenza e il lavoro degli agricoltori in molte aree della provincia.
“Nel giro di dieci anni cinghiali e lupi sono raddoppiati – continua Giovanni Trisolini, presidente della Coldiretti di Martina Franca - mettendo a rischio non solo le produzioni agroalimentari e l’assetto idrogeologico del territorio, ma anche la vita stessa di agricoltori e automobilisti, come testimoniato dai frequenti incidenti stradali, anche con feriti gravi”.
La legge passata in Consiglio prevede indennizzi per i danni causati dalla fauna selvatica, l'utilizzo di tutte le strategie venatorie ammesse dalla legge – spiega Coldiretti - per una presenza della specie compatibile con le esigenze ambientali, sociali ed economiche del contesto territoriale, con particolare riferimento alla salvaguardia delle colture agricole e forestali, prevenire i danni, riducendoli progressivamente attraverso la fissazione di soglie massime di danno realistiche, garantire la pubblica incolumità, sia per chi pratica tali forme di caccia che per chi frequenta gli ambienti rurali, mediante la formazione dei soggetti abilitati al prelievo, effettuare le misurazioni biometriche sui capi abbattuti, anche al fine di valutare ogni anno il potenziale riproduttivo della popolazione locale.