1403 imprese del Terziario cessate nel 2019, su 1064 nuove imprese iscritte
«Il tempo dell’attesa è scaduto, occorrono soluzioni immediate. La No Tax Area potrebbe essere la risposta».
E’ questo il commento a caldo del presidente provinciale di Confcommercio Taranto, Leonardo Giangrande, dinnanzi alla lettura del dato camerale sull’andamento provinciale delle iscrizioni e cessazioni al Registro delle imprese del commercio, servizi e turismo: 1403 imprese del Terziario cessate nel 2019, su 1064 nuove imprese iscritte.
Un dato drammatico che parla di una crescita delle cessazioni rispetto all’anno precedente di oltre 200 unità (1299 imprese cessate nel 2018 su 800 nuove iscritte). Crescono dunque le nuove iscrizioni, ma nel contempo aumentano le cessazioni; un turnover che evidenzia una minima dinamicità dell’economia terziaria provinciale, se non altro una voglia – malgrado tutto- di fare mettersi in gioco e di fare impresa. Naturalmente Taranto è la locomotiva del Terziario provinciale con le 7260 imprese attive nel 2019, e per la stessa ragione è il capoluogo jonico a registrare le perdite maggiori ( - 529 attività su 399 nuove iscrizioni), dato peraltro constatabile nel commercio, settore dove si registrano più perdite (-331 cessazioni su 233 iscrizioni) già ad una indagine empirica: infatti, numero delle serrande abbassate in città evidenzia ad occhio nudo tale andamento.
«Il futuro dei lavoratori dell’ex ILVA e dell’indotto siderurgico è giustamente al centro delle politiche economiche e dello sviluppo del Governo, anche se vi sono altri lavoratori come quelli del commercio del cui destino – commenta il presidente Giangrande - non ci si preoccupa affatto, nonostante la perdita continua di imprese e di posti di lavoro. Purtroppo è una ferita sempre aperta che sanguina lentamente ed alla quale ci si è ormai abituati.
Il territorio attende con il fiato sospeso una soluzione della vertenza ex ILVA, mentre il capoluogo si inventa il “futuro”, quel domani senza la fabbrica dove alla monocultura industriale sogniamo di sostituire un sistema economico innovativo basato sulla valorizzazione delle attività produttive legate alle vocazioni naturali del territorio (il mare, la cultura, le produzioni agricole), il turismo e l’innovazione. Nel contempo però il tessuto economico continua a registrare i suoi morti, e per i nostri imprenditori che faticosamente sopravvivono non abbiamo più parole ed espressioni di conforto, o argomenti per convincerli a tenere duro perché “il cambiamento è vicino”.
Apprezziamo sinceramente gli sforzi che sta compiendo l’Amministrazione Melucci, effettivamente dei segnali positivi ci sono, ma non possiamo certo rallegrarci se il capoluogo è risalito di due posizioni nella classifica nazionale della qualità. Bello il teatro Fusco, benissimo i vari cantieri avviati in città, ottima la candidatura ai Giochi del Mediterraneo ed alla Capitale italiana della Cultura, lungimirante “Ecosistema Taranto” (la strategia di transizione ecologica ed energetica di Taranto), ma purtroppo non basta, e la responsabilità non è certo del sindaco, o della sua giunta, che sta lavorando – lo ripetiamo- seriamente.
Lo Stato – continua Giangrande - deve rendersi conto che Taranto e la sua provincia sono un caso a se e che merita un’attenzione tutta particolare e che la politica degli annunci non va più bene e che l’area di Taranto non può sottostare ai precari equilibri della politica nazionale o regionale. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mario Turco in un incontro in Confcommercio ci ha preannunciato che il Governo sta lavorando ad un decreto dedicato alle emergenze del territorio, un decreto che conterrà “cose concrete”, l’impronta che lo caratterizzerà sarà l’’accelerazione delle procedure’. Sono previste inoltre agevolazioni speciali per le PMI, il Governo per Taranto rafforzerà infatti alcune misure che saranno contenute nel Piano Sud.
Sono più di 5 anni che attendiamo la svolta rinveniente l’attuazione degli investimenti del Contratto Istituzionale di Sviluppo per Taranto e siamo francamente stanchi di leggere programmi di investimento che riguardano l’Arsenale militare, l’ospedale San Cataldo, la rigenerazione di Città Vecchia - e potremmo continuare l’elenco - , e di non vedere mai nulla di tangibile e concreto. Di chi siano le responsabilità non ci importa, quel che sappiamo è che il CIS ad oggi, malgrado siano stati spesi più 314 milioni di euro (dato divulgato a giugno 2019), non ha invertito la crisi economica del territorio. Intanto, è da tempo che chiediamo che Taranto venga dichiarata NO Tax Area, una politica economica agevolativa ad hoc potrebbe essere una risposta immediata ad un territorio che ha dato tanto in termini di salute e di ambiente. E poi, che si dia il via libera al Cantiere Taranto, creando vere opportunità di sviluppo, innovazione e cultura che siano finalmente occasioni di crescita, a partire dall’ Università che non può essere surrogata ai desiderata di Bari e Lecce.
C’è un fattore tempo che non è barattabile, perché questo territorio sta perdendo la sua linfa vitale che sono i giovani, e senza giovani non vi è futuro».