«A nessuno viene e può essere impedito di pregare»
Attraverso una nota, il parroco don Giuseppe Costantino Zito chiarisce la propria posizione dopo le polemiche sollevate l’altro ieri sera, allorquando un gruppo di preghiera riunito per il ddl omotransfobia. Eccolo.
«A chiarimento sulle notizie, pubblicate sui mezzi di comunicazione e al fine di evitare inutili, indebite e fuorvianti strumentalizzazioni si precisa quanto segue. La preghiera è il modo concreto, con il quale i credenti entrano in relazione con Dio. Essa ha caratterizzato da sempre la vita della Chiesa: “erano perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42). Per questo a nessuno viene e può essere impedito di pregare! Per tale ragione, ad esplicita ed espressa richiesta, sono state aperte le porte della parrocchia ad un gruppo laico associato di fedeli, i quali avevano richiesto la disponibilità dell’Aula Liturgica della medesima chiesa Matrice Parrocchiale “San Nicola” di Lizzano per un semplice momento di preghiera a favore della famiglia naturale, che non era stato organizzato dalla Parrocchia e per il quale non era tra l’altro prevista alcuna direzione o presidenza liturgica da parte del Parroco, né di alcun altro Ministro Ordinato. Il sottoscritto si trovava di fatto anche simultaneamente impegnato per un’Istruttoria matrimoniale. Con la diffusione di tale notizia, sin dal primo pomeriggio del 14 luglio scorso si sono susseguite sui social espressioni di dissenso, alcune anche ingiuriose ed irrispettose, che si sono poi concretizzate in manifestazioni di protesta all’esterno della chiesa Matrice con l’apposizione indebita di striscioni e scritte varie sulle colonne, sulle gradinate e sulla bacheca esterna del Porticato Parrocchiale, sino ad arrecare preoccupazione e disturbo ai fedeli, che giungevano in chiesa e che hanno poi preso parte alla S. Messa vespertina, rendendo così indispensabile ed opportuno l’intervento dei Carabinieri.
Come affermato dal Magistero della Chiesa e ripetutamente sostenuto anche da Papa Francesco, nessuna forma di discriminazione deve e può essere consentita, poichè “ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza” (Amoris laetitia, 250). Ciò detto però, a proposito dei disegni di legge, attualmente in discussione in Parlamento e che puntano a modificare alcuni articoli del Codice Penale in materia di violenza e discriminazione, ci preme evidenziare come la Conferenza Episcopale Italiana il 10 Giugno scorso abbia già manifestato ai cattolici italiani il suo chiaro pensiero, guardando “con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune, che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni. Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni, al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso” (CEI, Omofobia: non serve una nuova legge, 10.VI.2020). In ogni caso, di questa vicenda ci rammarica la strumentalizzazione dell’iniziativa e il sollecito pretesto per esprimere da parte di alcuni il proprio dissenso nei confronti della Chiesa, che è e rimane certamente Madre amorevole di tutti! La “Chiesa, che vede chi è in difficoltà, che non chiude gli occhi, che sa guardare l’umanità in faccia per creare relazioni significative, ponti di amicizia e di solidarietà al posto di barriere” (Papa Francesco, Udienza Generale del 7 Agosto 2019). Risulta superfluo rimembrare qui le tante risapute attività ed azioni benefiche – anche nel corso della presente emergenza sanitaria – verso chi “rimane indietro” ed è “debole”, da sempre poste indistintamente in essere dalla Chiesa e da questa Comunità Parrocchiale di Lizzano, talvolta pure supplendo a carenze istituzionali. Riprendendo le parole di San Paolo, affermiamo che “siamo poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto” (2Cor 6,10). E il nostro tutto è il Vangelo! Ci piace concludere con le parole del sopramenzionato Comunicato della Presidenza CEI: “Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto. Nella misura, in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese”.
Ora, mettiamo il caso che un laico si metta a distribuire ostie per strada o durante una seduta parlamentare o di consiglio comunale. I prelati direbbero ovviamente che non è materia del laico, dare la comunione, perché è ministero sacerdotale. Che non è il ministero dello Stato italiano. Tutto ciò con una certezza: la chiesa non valicherebbe tale limite».