Fondamentale, a tal fine, il Piano comunale delle Coste che, una volta definito, potrà proteggere il sistema Mar Piccolo con le sue produzioni locali
Lo scorso luglio, i mitilicoltori concessionari hanno affrontato con il Comune di Taranto la problematica della re-immersione delle cozze di provenienza straniera (Grecia, Spagna, Turchia) nelle acque del secondo seno del Mar Piccolo e del Mar Grande, pratica che consente di ottenere la certificazione di ‘Cozza di Taranto’.
“Una forzatura che – sottolinea il commissario della categoria MitilicoltoriConfcommercio, Luciano Carriero- crea una concorrenza sleale con il prodotto locale, la vera cozza tarantina, che è di dimensioni più ridotte, anche se la qualità – apprezzata dagli intenditori che ne riconoscono il sapore- è decisamente più elevata. Tant’è che lo stesso assessore alla Risorsa Mare del Comune di Taranto, Giovanni Cataldino, accogliendo le richieste degli operatori, ha concordò sulla necessità avviare velocemente un percorso che vieti la pratica della immersione nel secondo seno del Mar Piccolo (con classificazione A) di molluschi che non siano autoctoni.”
Fondamentale, a tal fine, il Piano comunale delle Coste che, una volta definito, potrà proteggere il sistema Mar Piccolo con le sue produzioni locali.
“Nelle more, non disponendo ancora di questo prezioso strumento di pianificazione dello sviluppo costiero e della valorizzazione del patrimonio fisico delle coste, l’Amministrazione comunale – evidenzia Carriero- si starebbe attivando per (come si legge in una nota del sito del Comune) predisporre un’ordinanza sindacale, che anticipando gli effetti del Piano, protegga la filiera produttiva della cozza tarantina, derogando così alle norme europee che consentono l’utilizzo di molluschi non autoctoni nelle acque nostrane. L’Assessorato, a luglio scorso, aveva assicurato l’assessore Cataldino, si apprestava a dare mandato ad Asl Ta ed Arpa Puglia. Sarebbe utile sapere – conclude Carriero- se tale percorso è stato completato e se l’ordinanza è finalmente pronta”.
Un altro aspetto non meno importante è la questione relativa alla classificazione A del primo seno del Mar Piccolo, legata alla bonifica e al recupero. Percorso avviato dalla commissaria per le bonifiche, Vera Corbelli, ed ora bloccato dallo stop imposto dal Governo con la nomina di un nuovo commissario che però dovrà necessariamente prendere del tempo per riavviare la macchina operativa delle bonifiche. Il primo seno, come è noto, non può essere utilizzato se non per l’allevamento del seme della cozza, che una volta raggiunta la dimensione di 3 com. -entro il 28 febbraio di ogni anno- deve essere trasferito nel secondo seno del Mar Piccolo o in Mar Grande.
“Tale pratica in Mar Piccolo provoca ovviamente un sovraffollamento di prodotto del secondo seno, e naturalmente con l’arrivo del caldo estivo, e la riduzione della concentrazione di ossigeno disciolto nelle acque, la moria del prodotto allevato. Così purtroppo è stato anche quest’anno, caratterizzato da temperature estive particolarmente elevate. Dopo il fermo Covid, i produttori locali hanno dovuto fare i conti con la moria dei mitili nel secondo seno, tutto questo mentre sui vari banchi di vendita arrivavano vaschette di prodotto denominato ‘Cozza di Taranto’, cresciuto ed allevato chissà dove e chissà se in acque controllate, e che di tarantino probabilmente non aveva che una dicitura rubata.
E’ arrivato il momento – conclude Carriero- in cui tutti, produttori ed enti competenti, dobbiamo attivarci per rilanciare la produzione locale, per dare lustro alla cozza tarantina, per valorizzare una produzione che sta nel nostro mare, la vera ricchezza di Taranto, molto più dell’acciaio”.