L’appuntamento è per domenica, alle 10,30, in piazza della Vittoria
Il senso di inferiorità che per mezzo secolo ha portato i tarantini a pensare che solo le industrie presenti sul territorio avrebbero garantito pane sicuro ai loro figli è permeato dalla poca conoscenza che gli stessi hanno della loro Storia, della ricchezza e dell'abbondanza che la natura ha offerto generosamente al territorio, senza dimenticare le enormi dimensioni e la posizione del nostro eccezionale porto che, se solo volessero, garantirebbe posti di lavoro a decine di migliaia di tarantini. Questa mancanza di consapevolezza ha permesso che i governi centrali, negli anni, ci considerassero come un loro possedimento, senza alcuna identità storica, culturale, e prospettive di sviluppo ecocompatibile, anche attraverso le nostre eccellenze alimentari. Tutto questo è stato cancellato da sessant'anni di monocultura dell'acciaio, che ha creato solo crisi e disoccupazione in quei comparti che invece avrebbero esaltato e reso questa terra libera dai veleni: mitilicoltura, agricoltura, allevamento, pesca, artigianato, servizi per il turismo (alberghi, b&b, ristoranti, bar, ecc.); tutte attività che non creano alcun problema ad ambiente e salute dei cittadini, attività che rendono un territorio "normale" e "ricco". Altro le panzane che continuano a raccontare a noi, a tutta l'Italia, al mondo intero.
In Grecia, per esempio, attraversata da un'enorme crisi economica, le isole (luoghi di villeggiatura per eccellenza) non ne hanno subito alcun contraccolpo, perché dove c'è il turismo non esiste crisi.
Tuttavia, persino noi che siamo un po' fanatici della nostra terra, non conoscevamo tutte le potenzialità di cui gode il nostro territorio, come tutti potremo ascoltare dagli interventi dei nostri ospiti "speciali".