domenica 24 novembre 2024


17/03/2021 10:38:39 - Provincia di Taranto - Attualitą

«Vogliamo che qualcuno si renda conto che esistiamo. Non siamo imprenditori ma semplici artigiani. Non possiamo essere paragonati alle grandi aziende che fatturano il triplo di noi»

Sconforto e profonda preoccupazione. È lo stato d'animo di parrucchieri, barbieri ed estetiste che da lunedì 15 marzo, da quando la Puglia è entrata in zona rossa, sono stati costretti a chiudere i loro saloni di acconciatura ed i centri estetici.

Dopo il lockdown che ha costretto le imprese a fermarsi per oltre due mesi, dallo scorso marzo fino a maggio, torna anche quest'anno l’incubo delle chiusure forzate. 

«Siamo rammaricati. - commenta Fabio Chiochia, per la categoria dei barbieri - Dopo aver adottato all'interno dei nostri saloni misure igienico-sanitarie anti-contagio per garantire la tutela della salute e la sicurezza di operatori e di clienti, è triste essere penalizzati ancora e non aver trovato una soluzione a tutto quello che stiamo vivendo. La chiusura è giusta, il problema esiste, ma essere informati all'ultimo momento è stato sbagliato, ha creato forti disagi». Poi aggiunge: «personalmente avrei preferito avere la priorità sulle vaccinazioni, noi barbieri siamo a stretto contatto con le persone. Invece ancora una volta la nostra categoria è l'ultima ruota del carro».

Anche Orlando Miccoli, delegato acconciatori della provincia di Taranto, pretende maggiore attenzione per il comparto. «Vogliamo che qualcuno si renda conto che esistiamo. - dice - Non siamo imprenditori ma semplici artigiani. Non possiamo essere paragonati alle grandi aziende che fatturano il triplo di noi. In una situazione d'emergenza come questa siamo penalizzati perché non abbiamo introiti ma i costi di gestione di una piccola azienda sono ingenti. Eppure ad oggi non c'è stata nemmeno una diminuzione delle tasse fisse. Non è un ristoro di 600 euro che può aiutarci. Il problema sanitario è serio e noi siamo disposti al sacrificio ma lo Stato deve venirci incontro».

Parrucchieri, barbieri ed estetisti, ancora in affanno per la crisi economica provocata dalla pandemia, tornano quindi a chiedere l'anno bianco fiscale.

«Siamo consapevoli della necessità di chiudere le attività per cercare di contenere i contagi ma siamo anche molto spaventati per il nostro futuro. - spiega Anya Marzo, referente per la categoria estetica –  Ci sono scadenze da rispettare e utenze da pagare anche se non lavoriamo. Il problema è che senza entrate certe e dovendo far fronte a delle spese,  non sappiamo quanto resisteremo ancora».

«Viviamo questa situazione con sofferta rassegnazione,- aggiunge Nico Albano, parrucchiere – ma siamo anche molto arrabbiati perché non è stata prevista nessuna forma d'aiuto».

La decisione del Governo Draghi ha messo in ulteriore difficoltà una importante categoria dell’artigianato che ha già subito forti perdite economiche nei mesi trascorsi sia per effetto delle chiusure imposte e sia a causa della concorrenza da parte delle attività abusive svolte direttamente a domicilio del cliente senza controlli né misure di sicurezza.

La categoria “estetica e acconciatura” torna oggi a ribadire un concetto più volte espresso nei mesi scorsi.

«Più valore all'artigiano che offre un servizio alla persona». È questa l'appello che lancia Ivano Mignogna presidente della categoria acconciatori di Casartigiani Taranto per salvaguardare e valorizzare un comparto spesso poco coinvolto e considerato dal governo regionale e nazionale.  «L'opportunità che paradossalmente il Covid ci sta dando è quello di richiamare l'attenzione delle istituzioni sulla concorrenza sleale nel nostro comparto. Noi parrucchieri, rispetto ad altri settori produttivi dell'artigianato, siamo svantaggiati perché soggetti, più degli altri, all'abusivismo. Per questo chiediamo di ridurre la percentuale Iva sui servizi alla persona portandola al 10%. - spiega - Comprendiamo benissimo le ragioni che hanno spinto all'istituzione della zona rossa però è bene che Governo, Regione e Comune riconoscano l'importanza del nostro lavoro. Vorremmo ad esempio non dover più denunciare i pochi controlli sugli abusivi, specialmente in questo periodo storico. Noi abbiamo sempre rispettato le regole adeguandoci ai protocolli igienico-sanitari imposti dalle Asl ma chi opera in casa, oltre ad operare illecitamente, espone al rischio contagio la propria clientela, peggiorando un quadro sanitario già molto  preoccupante».











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