Esiste una relazione tra politica e verità? Il “dire il vero”, la veridizione è uno dei fondamenti della democrazia?
L’ultima tornata elettorale ha fatto registrare la più bassa affluenza alle urne della storia della repubblica. Un dato allarmante che stride violentemente con le dichiarazioni compiaciute di tutti i leader politici. A che cosa imputare questo evidente disamore dei cittadini per la politica, per una delle forme fondamentali in cui si esercita la democrazia?
Come sempre, Michel Foucault ci riporta alle origini del sapere, a quella Atene del V sec. in cui tale forma di governo è nata. Apprendiamo così, da Polibio, che una delle caratteristiche che la definiva era la PARRESIA, parola che si traduce con “parlar franco”, “dire il vero”, veridizione: la libertà di ogni cittadino ateniese di prendere la parola in assemblea e di proferire la propria verità.
Vi è dunque un rapporto inscindibile tra libertà e verità, ma l'esercizio della mia libertà comporta un impegno, che prendo con gli altri e soprattutto con me stesso: quello di dire la verità. Se dunque la democrazia, nella sua stessa concezione, garantisce la mia libertà di parlare e contribuire con ciò alle decisioni dell'assemblea, è vero altresì che solo la verità, il “dire il vero”, garantisce il corretto esercizio della democrazia.
Ma questo rapporto tra libertà e PARRESIA è problematico e nasconde una minaccia. Se, infatti, tutti hanno libertà di parola, parlerà, e con tanto maggior successo personale, chi userà questo diritto per bandire il popolo, dire ciò che esso desidera sentirsi dire, anche a scapito della verità. Il discorso vero rende possibile la democrazia, ma, nello stesso tempo, proprio la verità è minacciata dalla democrazia.
Che sia un deficit di verità nei discorsi di chi ci governa il responsabile del disamore degli Italiani verso l'esercizio della democrazia?
Il libro di Michel Foucault “Il coraggio della verità”, che raccoglie le sue ultime lezioni al Collège de France, è disponibile in biblioteca.