Francesco De Filippis: «Perché far pagare a noi, al nostro bestiame, alla nostra terra, al nostro ambiente una colpa che non abbiamo?»
«In questo mio breve scritto potrebbe, a qualcuno, sembrare un normale sfogo di un cittadino deluso, insoddisfatto o semplicemente arrabbiato contro qualcuno o contro tutti. Invece, è un accorato invito alla riflessione che un pur giovane, appartenente alla ormai quasi estinta razza degli agricoltori, pone alla comunità ed alle istituzioni.
Si è parlato, a destra e a manca, del problema diossina nei terreni limitrofi alla zona industriale di Taranto.
Chiunque, ambientalisti ed istituzioni, hanno proposto le proprie ragioni e le proprie iniziative in merito, ma pochi hanno affrontato il problema affondo in tutti i sui aspetti.
La fascia di 20 km, in cui nei giorni scorsi si sono posti dei limiti al pascolo, comprende anche parte della zona ricadente nel Parco delle Gravine. Da qui la prima contraddizione. Chiedo a voi: si può ammirare la natura all’interno di un parco con un sole celato dietro una nube di fumi industriali? Andiamo avanti. Ben vengano i rigidi controlli degli enti preposti a tutela del consumatore e dell’ambiente all’interno delle aziende agricole, ma tali controlli e rigore si fanno nella zona industriale da cui provengono gli inquinanti sul territorio? A me pare ci sia un netto sbilanciamento in tali azioni e si vorrebbe fare di tutta l’erba un fascio.
In modo superficiale e frettoloso sono stati predisposti alcuni provvedimenti di limitazioni del pascolo, senza porre alcun tipo analisi scientifica sulla reale pericolosità delle attività di pastorizia sui terreni nelle singole zone dell’area interdetta. Infatti, se giustamente è stata delimitata un’area potenzialmente pericolosa per il pascolo, con la stessa forza si dovrebbe divulgare la notizia che il restante territorio è sicuro. E questa un’altra contraddizione.
Se pochi giorni, infatti, un’ordinanza che vieta tassativamente il pascolo e l’utilizzo dei terreni non agricoli, o meglio non coltivati, per il nutrimento degli animali, e allora, i boschi, i pascoli cespugliati che rientrano nel parco e quindi biocompatibili, cosa sono? Bisogna considerarli come zona a rischio e potenzialmente pericolosi, quindi sarebbero da vietare anche alla fruizione cittadinanza?
E qui l’ultima e più profonda contraddizione. Perché far pagare a noi, al nostro bestiame, alla nostra terra, al nostro ambiente una colpa che non abbiamo? Nei più elementari trattati di giurisprudenza, infatti, non è contemplato assolutamente che a pagare le colpe di un reato sia la vittima e non il colpevole. Vogliamo renderci conto che le pecore sono le indifese vittime degli inquinanti che cadono dal cielo e che qualcuno ha prodotto altrove e non le colpevoli, come troppo facilmente si vuol far credere?
Non vogliamo elemosine e non chiediamo commiserazione, ma semplicemente pretendiamo di essere ascoltati come categoria per un problema, che sicuramente non abbiamo creato noi, ma che siamo i soli a pagare direttamente sulla nostra pelle.
E faccio una domanda: quando una volta tanto a pagare saranno i colpevoli?»
Francesco De Filippis
Vicepresidente Giovani di Confagricoltura Taranto