Con la ex direttrice del carcere di Bollate a Milano, nel libro si racconta il “carcere” da dentro, partendo da un modello che ha funzionato, per provare a conoscere chi sono oggi i detenuti
Cosima Buccoliero è stata a lungo vicedirettrice e poi direttrice del carcere di Milano Bollate. Il suo può sembrare un lavoro duro, in cui freddezza e rigore sono i presupposti per avere tutto sotto controllo. Eppure il suo approccio è un altro. Quando ha dichiarato che gli ergastolani nel suo carcere hanno diritto a una camera singola, Buccoliero ha suscitato stupore in chi crede che oltre le sbarre non ci debba essere più speranza. Ma questa è la chiave del suo lavoro: accoglienza e umanità. Per lei il carcere è un microcosmo brulicante di vitalità. Ci sono i carcerati, il personale di sorveglianza e medico, i tanti volontari. E le loro famiglie. L'Ambrogino d’oro che ha ricevuto nel 2020 l'ha ottenuto grazie a questo modello virtuoso di prigione: per lei la pena detentiva deve mirare a un reinserimento e non ridursi alla sola punizione. La detenzione non deve perdere la sua funzione rieducativa, altrimenti diventa solo afflizione. Questo libro ci spiega perché.
Il 3 maggio sarà in libreria per Einaudi “Senza Sbarre – Storia di un carcere aperto”. Un saggio? Un reportage narrativo? Un racconto: il racconto della carcerazione. Con Cosima Buccoliero prova a raccontare il “carcere” da dentro, partendo da un modello che ha funzionato per provare a conoscere chi sono oggi i detenuti, che cos’è oggi la detenzione.