Un altare della chiesa del Rosario ospita una tela «giudicata pittura primaria fra tutte le altre esistenti nelle chiese di Manduria». Postrebbe essere stata realizzata dal pittore istriano Francesco Trevisani, ma ci sono anche altre ipotesi
Le chiese, secolari custodi di storia, arte e cultura, racchiudono al proprio interno un patrimonio inestimabile che è religioso e artistico ancorché emozionale e di portata universale, in quanto espressione genuina di fede e di profonda umanità.
Molte opere scultoree e pittoriche aderiscono così bene al luogo in cui si trovano da offuscare la loro identità di espressioni artistiche dotate di luce propria, fino a venire respirate unitamente all’aura di sacralità ivi presente. Accade così che entrando in un luogo sacro lo sguardo vaghi di qua e di là, invitato a farlo da mille sollecitazioni dell’animo.
Nella chiesa del Rosario di Manduria è presente un altare (il terzo a sinistra) costruito interamente in pietra leccese e dedicato a San Vincenzo Ferreri (1350-1419), predicatore domenicano. L’altare ospita una tela «giudicata pittura primaria fra tutte le altre esistenti nelle chiese di Manduria» (Tarentini, p. 168), sulla quale è scritto ‘Vade et predica extremum judicii diem’. È la ‘Predica di San Vincenzo Ferreri’. Il santo è raffigurato al centro, in piedi, nell’atto di predicare a un gruppo di fedeli, in alto a destra è la figura di Cristo, con la croce in una mano mentre con l’altra benedice il gruppo. Le figure umane presenti nel dipinto, riportate dall’artista con la massima cura dei particolari, si presentano di eterogenea provenienza sociale, ad avallare la leggenda secondo la quale il santo, abilissimo oratore, fosse in grado di farsi comprendere da tutti coloro che lo ascoltavano. Donne, bambini, contadini, nobildonne, persino un mercenario si ritrovano accanto a un mercante, a un uomo di colore, tutti accomunati da un senso di fratellanza ritrovata nell’appartenenza alla stessa fede e nella gratitudine per le parole che ascoltano dal predicatore.
Da parte sua, il Tarentini ci fa posare lo sguardo su un volto, quello «di una vecchia, verso il lato destro, che non c’è visitatore di gusto che non ammiri» (Tarentini, p. 168).
La tela è riconosciuta essere opera del pittore istriano Francesco Trevisani (1656-1746), donata dal Cardinal Ferrara (il domenicano Tommaso Maria Ferrara divenuto cardinale nel 1695) alla Chiesa del Rosario, nei suoi affetti per aver egli preso lì i suoi voti solenni. L’attribuzione della tela all’artista è stata in passato alquanto controversa. Il Tarentini la riconduce al Giordano , Giambattista Arnò la attribuisce al Trevisani stante un passo del testamento del cardinale, dove egli afferma che intende lasciare «il quadro di S. Vincenzo Ferrerio, copia dell’altro fatto dal Trevisani» al cardinale Vincenzo Maria Orsini (Giambattista Arnò, p. 101). Lo storico dell’arte Michele D’Elia ritiene il dipinto probabile opera di Giuseppe Bonito; padre Celestino Giannelli conferma l’attribuzione al Trevisani, lo stesso fanno il Galante e lo stesso Guastella.
Il cardinale Ferrara ebbe modo di commissionare il dipinto al Trevisani quando questi si trovava a Roma sotto la protezione del cardinale Pietro Ottoboni ; è questo il periodo in cui il cardinale ottenne il privilegio nel celebrare all’altare di San Vincenzo Ferreri (come testimoniato da una lapide incisa).
Stilisticamente inquadrato nel “rococò arcadico”, campeggia, nel dipinto l’immensa plasticità figurativa di San Vincenzo, la cui «gestualità eloquente ne fa quasi un interprete teatrale» (Guastella, p. 274); questo elemento insieme a quello più specificamente cromatico confermano le istanze artistiche del Trevisani, ravvisabili altresì in altre opere coeve.
Da sempre oggetto di interesse da parte di studiosi e storici dell’arte, una recente disamina del prezioso dipinto è contenuta in un contributo a più mani (F. Rocco, F. Marzano e E. Fenicia, N. Morrone) dal titolo ‘Il dono del Cardinale’ , contenuto in ‘QuaderniArcheo 2008’, dove, fra l’altro, vengono meno tutti i dubbi circa la committenza dell’opera e la data di erezione dell’altare nella chiesa, documentata, in base al ritrovamento del relativo Campione, al 1702.
‘Il dono del cardinale’ è anche il titolo di una conferenza che si terrà, proprio all’interno della Chiesa del Rosario di Manduria, sabato 14 maggio alle ore 19.00, nell’ambito della manifestazione nazionale ‘Chiese Aperte 2022’.
In attesa che nuove sollecitazioni arrivino dalla serata di sabato, possiamo dire che «La ‘Predica di San Vincenzo Ferreri’ rappresenta il veicolo visivo attraverso il quale si percepisce la nuova ventata degli ideali pittorici più all’avanguardia nella capitale. [Agli inizi del Settecento] Roma è il centro del mondo religioso e il cardinal Ferrara ne è un eminente rappresentante, orgoglio e vanto dei suoi concittadini di Casalnuovo» (F. Rocco, p. 300). La biblioteca ‘Marco Gatti’ ne custodisce nella saletta studio un pregevole ritratto (in foto).
Per approfondire: sac. Leonardo Tarentini , ‘Manduria Sacra’; Giambattista Arnò, ‘Manduria e manduriani’; Massimo Guastella, ‘Iconografia sacra a Manduria’; F. Rocco, ‘Francesco Trevisani, un veneziano a Manduria, in QuaderniArcheo, N. 9, maggio 2018, p. 295; F. Marzano e E. Fenicia, ‘Il restauro dei dipinti dell’altare dedicato a San Vincenzo Ferreri’, Ivi; N. Morrone, ‘Un documento ritrovato: il “Campione” del Convento del SS. Rosario di Manduria, Ivi.