«L’intervento del Governo contemplato all’interno del decreto Aiuti bis, che prevede lo stanziamento di un miliardo per la ricapitalizzazione, non va in questa direzione, lasciando di fatto una situazione drammatica e su tutti i fronti, a cui si aggiunge la crisi delle aziende energivore a causa degli altissimi costi del gas. Si dia attuazione, pertanto, agli stanziamenti previsti dall’accordo del 2021»
Ad intervenire sulla questione Ilva sono il presidente Salvatore Toma, il vicepresidente Vladimiro Pulpo e Antonio Lenoci, presidente della sezione metalmeccanica di Confindustria Taranto.
La norma varata dal governo e contenuta nel decreto Aiuti bis, annunciata i primi di agosto dai Ministri Giorgetti e Orlando per il sostegno alla siderurgia e quindi per ovviare alla crisi di liquidità di Acciaierie d’Italia – che prevedeva la possibilità di sottoscrivere aumenti di capitale fino a un miliardo – continua a non convincere i vertici di Confindustria Taranto, che chiedono invece ad Invitalia, per sbloccare la situazione altamente critica, di onorare i termini previsti dall’accordo del 2021.
Già in occasione della riunione convocata al Mise il 3 agosto scorso, il presidente Salvatore Toma aveva pubblicamente espresso la sua perplessità in merito ad eventuali aiuti, da parte dello Stato, che non fossero di carattere immediatamente spendibile.
All’indomani dello stesso incontro, tale perplessità ha trovato purtroppo riscontro nella norma contenuta nel decreto Aiuti bis, che il presidente di Confindustria Taranto, trascorsa la pausa estiva, torna a commentare.
«Mi rincresce dover dire di aver avuto ragione nel palesare i miei dubbi, in merito ai sostegni promessi dal Governo per far fronte alla drammatica situazione in cui versa lo stabilimento siderurgico di Taranto – dichiara Toma – e che, pur costituendo tentativi apprezzabili di porre attenzione al problema, non risolvono la crisi in atto, ovvero non fronteggiano la situazione critica relativa al circolante, quindi anche ai pagamenti dell’indotto, e tantomeno sostengono gli investimenti, industriali e ambientali, di cui lo stabilimento necessita. La ricapitalizzazione – prosegue il presidente – non sblocca alcun tipo di risorse in ordina a quello di cui la fabbrica necessita in questo momento. Né servono le garanzie Sace su risorse che di fatto non vengono concesse dalle banche. E se si va avanti così tutti i propositi relativi ai processi di de carbonizzazione dello stabilimento verranno meno, perché le condizioni per produrre si fanno sempre più critiche, e a peggiorare il tutto c’è il costo dell’energia, che in tutti i casi, sia che si tratti di violenta speculazione o rialzo strutturale, porrà le aziende energivore in crisi”.
Cosa fare allora? Intanto, mantenere gli impegni assunti, dicono gli industriali. E in merito agli impegni disattesi da Invitalia, attuale socio di minoranza di Adi, è il vicepresidente Vladimiro Pulpo a esprimere il suo dissenso:
«Non si può immaginare di poter fare andare avanti una realtà industriale complessa come l’ex Ilva se non si ottempera, come prima condizione indispensabile, all’impegno assunto in fase di contrattazione. Lo Stato avrebbe dovuto versare 800 milioni che di fatto non sono stati ancora corrisposti. Ora, nonostante nei vari incontri romani i problemi della fabbrica siano stati ampiamente illustrati, si parla di risorse per la ricapitalizzazione, e siamo tutti ben consapevoli che non possono essere utilizzate né per gli investimenti né per il circolante. Questo significa – conclude Pulpo – aggirare il problema, che ovviamente rimane lì e ogni giorno che passa diventa più grave, con il rischio sempre più concreto di far esplodere tensioni sociali, fra le imprese e i lavoratori, difficilmente gestibili”.
Di analogo tenore il punto di vista del presidente della sezione metalmeccanica Antonio Lenoci, il quale sottolinea la difficoltà delle aziende dell’indotto, oramai allo stremo delle forze, che continuano ad assicurare il loro lavoro pur in una situazione di difficoltà estrema.
«Abbiamo atteso pazientemente che alcune situazioni si sbloccassero, che l’azienda fosse messa nelle condizioni di garantire il circolante, e ciò non è avvenuto. Contavamo sull’intervento del governo come ultima chance in una condizione complessiva di grandissima precarietà che a Roma abbiamo esposto a chiare lettere – dichiara Lenoci – e la risposta è stata questa norma del decreto Aiuti bis che non risolve i nostri problemi. La situazione dell’indotto è in costante peggioramento, perchè la gran parte delle nostre aziende continua a lavorare per senso di responsabilità, ma nel frattempo i crediti aumentano e prima o poi ci sarà la paralisi. Invitalia dia attuazione a quanto stabilito in sede di contrattazione, altrimenti – conclude Lenoci – ogni proclamo relativo alla modernizzazione e ambientalizzazione della fabbrica rimarrà solo, come è stato finora, uno slogan a disposizione dei governi che verranno».