domenica 24 novembre 2024


16/09/2022 11:00:25 - Manduria - Attualità

«Gli aiuti sono insufficienti: non siamo più in grado di continuare così. Lo stress è tantissimo. La politica faccia subito e concretamente qualcosa»

«Abbiamo bisogno di aiuto. Tredici anni di assistenza continua, 24 ore su 24, hanno avuto un impatto devastante per le nostre famiglie. Chiediamo, invano, da anni di poter usufruire di assistenti qualificati, così come avviene nelle province di Lecce e Bari e in gran parte dell’Italia. In mancanza di impegni precisi da parte di Asl e di Ambito Sociale di Zona, porteremo i nostri congiunti davanti al municipio e davanti agli uffici della Asl».

L’s.o.s., quasi disperato, parte dalle famiglie di Leonardo, 59 anni, e Piero, 60 anni, entrambi ammalati di Sla. Il loro è stato quasi un percorso di vita parallelo: entrambi hanno scoperto di convivere con la Sla (“Una malattia bastarda”, come l’ha sempre definita Piero), tredici anni fa, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro.

La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa per la quale non c’è cura. In pochi anni, dai primi sintomi, danneggia in modo irreversibile i neuroni che controllano i muscoli volontari, rendendo i malati progressivamente prigionieri del loro corpo. La paralisi interessa gli arti e nelle fasi più avanzate anche gli occhi, mentre in molti casi non comporta danni all’apparato uditivo. I pazienti possono quindi sentire ciò che avviene loro intorno, ma non hanno modo di reagire e di esprimere ciò che pensano.

Sino a poco tempo fa riuscivano a comunicare attraverso un computer a comando oculare. Negli ultimi tempi, però, la malattia si è ulteriormente acuita e, quindi, sia Leonardo che Piero hanno difficoltà anche a comunicare con i loro familiari.

«Hanno bisogno di assistenza continua» ci raccontano i loro familiari. «Poiché non ingoiano, frequentemente dobbiamo aspirare la saliva per evitare il soffocamento. Vi è un macchinario che li monitora costantemente e, quando qualcosa non va, emette un suono per richiamare l’attenzione dei familiari. Nell’attuale stadio della malattia, il suono è diventato una triste costante per noi familiari: suona costantemente, di giorno, di notte. Ormai viviamo uno stato di stress non più sopportabile».

Davanti a pazienti così gravi, ci si attenderebbe un sostegno concreto dagli enti preposti: Comuni, Regioni, Asl. Ambito Sociale di Zona. Ma i familiari di Leonardo e Piero, nonostante le tante promesse, sentono estremamente lontane le istituzioni. In alcuni casi, vi è addirittura una disparità di trattamenti per gli ammalati di Sla nell’ambito delle province della stessa regione.

«Nella vicina provincia di Lecce, agli ammalati di SLA viene garantita la presenza gratuita giornaliera di OSS (sei ore al giorno) e di infermieri (2 ore al giorno). In provincia di Taranto io sono costretta anche a compartecipare con un ticket per ottenere la presenza di un operatore socio sanitario. Dapprima il tetto ISEE per ottenere l’esenzione al ticket era di 10mila euro. Ora è stato ridotto a 5mila euro… Chi adotta queste decisioni forse neppure conosce la sofferenza che genera la presenza in casa di un ammalato di SLA.

Ci chiediamo: che differenza c’è fra un ammalato di SLA delle province di Lecce o di Bari e un ammalato della provincia di Taranto? Come è possibile che ci possa essere questa disparità di trattamenti? Eppure viviamo nella stessa regione e nella stessa nazione…».

Questa patologia comporta un impatto devastante per chi ne è colpito e per tutti coloro che sono accanto al paziente nel percorso della malattia. Le conseguenze fisiche determinate dalla progressione della patologia risultano inesorabilmente evidenti, ma altrettanto significativi sono i risvolti a livello emotivo che la malattia porta con sé. Malati e familiari si trovano a percorrere, spesso in solitudine, un cammino costellato di domande, continui cambiamenti, incertezza e angoscia: sono chiamati a riorganizzare il proprio assetto di vita in continua evoluzione, a prendere decisioni impegnative e a fare i conti con il carico emotivo che tutto questo comporta.

«Il problema è anche economico» rimarcano i familiari di Leonardo e Piero. «La Regione eroga (a volte a singhiozzo: ora da cinque mesi infatti non arriva…) un assegno di cura di 800 euro. Poniamo una domanda: che tipo di assistenza possiamo garantire ai nostri congiunti con 800 euro al mese?

Non è sufficiente solo la cura dell’igiene o le medicazioni varie. Abbiamo bisogno di assistenza continua di operatori specializzati, che conoscano bene questa malattia. Abbiamo bisogno di poter continuare a vivere. La vita dei familiari di ammalati di Sla si svolge, 24 ore al giorno, attorno al proprio congiunto. Non esiste più nulla per noi…».

I familiari di Leonardo e Piero si prendono amorevolmente cura del proprio caro, assumendosi una responsabilità spossante, fatta di notti senza sonno, sacrificio della propria professionalità, isolamento sociale e usura del reddito.

Ora Leonardo è ricoverato in un centro specializzato di Turi, con spese a carico della Regione. Perché, allora, non riconoscere una congrua somma di denaro per le famiglie con decidono di assistere direttamente i propri cari? Somma che si otterrebbe risparmiando la diaria del ricovero ospedaliero e che consentirebbe di poter usufruire di personale specializzato nella propria abitazione.

«Tempo fa fu annunciato l’utilizzo dei percettori di reddito di cittadinanza per un supporto alle nostre famiglie. Premettendo che ancora non abbiamo visto nulla, noi, lo ribadiamo, abbiamo bisogno di gente formata, che conosca bene la malattia e che possa sostituirci in quelle che sono le tantissime incombenze giornaliere. Già, perché noi familiari ci siamo trasformati, in tutti questi anni, anche in infermieri, Oss, psicologi e in alcuni casi in medici…

Non siamo più in grado di continuare così. Lo stress è tantissimo. La politica faccia subito e concretamente qualcosa».











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