sabato 23 novembre 2024


22/04/2023 19:59:21 - Manduria - Attualità

Aver utilizzato documenti verosimilmente infedeli per appropriarsi della tomba di famiglia è costato caro

Aveva ottenuto la concessione per ricostruire la gentilizia dal comune di Manduria presentando documentazione infedele, di fatto estromettendo arbitrariamente gli altri discendenti. Poi il dietrofront e la revoca della concessione a distanza di due anni da parte degli uffici comunali. Il Tar annulla la revoca per i ritardi nei controlli del Comune.  Manduriano condannato in appello, il Tribunale di Taranto – sezione civile - ha confermato la sentenza di primo grado.

Oggetto della diatriba giuridica la vecchia tomba di famiglia. Protagonista (inatteso) il Comune di Manduria che ha prima concesso e poi revocato dopo due anni l’autorizzazione a costruire, senza accertare la veridicità dei documenti forniti dal richiedente.

Uno dei nipoti sosteneva di essere l’unico titolare della gentilizia di famiglia realizzata (in origine) dalla nonna delle parti in giudizio. Così ha fornito documenti e dichiarazioni verosimilmente non corrette agli uffici comunali, ottenendo il permesso a costruire in data 23 giugno 2016. Grazie al quale ha demolito l’originaria gentilizia e ne ha realizzata un’altra a lui intestata.

Sono entrate in gioco le altre parti, o meglio il nipote difeso dall’avvocato Fabiana Lucia Passiatore, che ha contestato l’abuso del parente. In realtà, sulla tomba di famiglia vi erano i diritti di tutti i discendenti della originaria concessionaria.

Per realizzare la nuova gentilizia, il manduriano aveva fornito una serie documenti infedeli creando una situazione di apparente titolarità esclusiva, così estromettendo in maniera arbitraria gli altri discendenti. Il Comune, a distanza di due anni del rilascio della concessione e, solo su sollecito della parte lesa, ha revocato il permesso, ma il TAR annulla la revoca; insomma gli accertamenti e il previo controllo dei documenti sono arrivati con colpevole ritardo.

Nello specifico, l’atto prodotto da non aveva alcun valore legale, poiché il Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria richiede la scrittura privata autenticata o l’atto notarile per la ripartizione e/o l’uso e/o la rinuncia al diritto tra i titolari della concessione cimiteriale. L’atto, in aggiunta, era privo di data. Il Comune due anni dopo, si è accorto del pasticcio e ha revocato la concessione.

Il manduriano era già stato condannato in primo grado al risarcimento danni di 3mila euro nei confronti dell’altro nipote, che, difeso dall’avvocato Fabiana Lucia Passiatore, ha sentito anche dal Tribunale civile di Taranto – giudice Annagrazia Lenti – respingere le tesi e pesantemente rigettare l’appello confermando la sentenza di primo grado, in aggiunta il pagamento della sanzione della proposizione del secondo grado di giudizio.











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