Vi proponiamo la sua “Lettera a Manduria”, scritta il 1 settembre 1996: un atto d’amore e d’orgoglio di un figlio verso la propria terra (madre) che sente baciata dagli dei. Ed ecco risplendere come gemme preziose le bellezze cittadine tante volte ammirate e godute
Mater dulcissima …così esordiva il poeta nella poesia-lettera alla madre. E se il pudore trattiene un figlio dall’esprimere sentimenti d’amore, di gratitudine e di riconoscenza verso colei che ci ha donato la vita, quando si trova il coraggio e l’ardire, è allora che si toccano vette altissime di pura poesia e tensione emotive. Lettera a Manduria, scritta il 1 settembre 1996, è proprio questo: un atto d’amore e d’orgoglio di un figlio verso la propria terra (madre) che sente baciata dagli dei. Ed ecco risplendere come gemme preziose le bellezze cittadine tante volte ammirate e godute. Sempre avido e mai sazio!
Grazie ancora una volta per aver fatto “vedere” quello che possediamo e caparbiamente ci ostiniamo a ignorare.
Lettera a Manduria
Cara,
spesso è il pudore che vieta
di dirti parole d’amore.
Questo è il destino delle madri,
questa è la condanna dei figli;
tuttavia, ora sono io, uno di loro,
che ti scrivo.
Poche parolededicate
ad alcuni tuoi atteggiamenti,
ad alcuni tuoi volti
coi quali ti mostri.
Come ogni madre
hai uno sguardo e un volto diverso
per ognuno;
io ne ho scelti alcuni
per i quali ho scritto pensieri d'affetto.
Altri l’han fatto (di certo)
con sillabe colte
cantando il gelido Chidro
o l’arsa Marina
oppure narrando
oniriche storie
dettate dafervido ingegno
e sottile ironia.
Io questo so dirti,
e tu perdona l'ardire
del più piccolo dei tuoi figli:
Grazie,
d'avermi fatto nascere
dove vergini
sacrificavano al Fonte:
Qui venivano vergini a libare
acqua;
qui fanciulle cingevano corone
per il dio;
qui eroi prima dell'agone traevano
auspici.
E il Genio vegliava,
in pace e in guerra,
incurante di guerre e di paci.
Misura perenne serbava
l'acqua del Fonte
che specchiava celesti equilibri.
dove antichi eroi morivano
per la gloria
Piangeva sull'ara la vergine.
Il solco segnato nei campi
il corpo intatto, geloso,
avrebbe racchiuso.
Ora grigi vapori diffonde
il pianto di madre inconsolata
che piange il frutto perduto.
Nella notte,
tra sassi di perfetta geometria,
odi ancora
lamenti d'infante.
Qui la pietà religiosa dei fedeli
saliva al cielo con le orazioni
Solenne balzi sui tetti,
misura perfetta,
sentinella d'orazione e scolta
di libertà civili.
Fremiti raduni
nelle pietre severe
e diffondi nel cielo.
Un giorno, forse,
scenderanno angeli ai tuoi rintocchi
e sarai come scala luminosa
verso il cielo.
e oscuri artigiani ordivano
merletti di pietra
Mastro Raimondo
allorche l'aria imbruna,
fremono l'ossa tue
se il dondolio dellacampana grande
sui tetti oscuri lento si diffonde.
La grande aerea rosa
da mani sapienti modellata
respira ancoradi tua vita.
e vissero donne generose
Echi di clavicembali
da preziosi balconi
spandono suoni tra le volte.
Rette preziose disegnano il cielo
e per le antiche scale
fruscìi damascati mi fingo.
Mariannasospirae prega
nella notte
un vagito. Inutilmente.
Qui cessò laproterviadi un signore
travolta dalla storia
Non scorgo
donne che mostrano seni
tra gerani,
la pianta cara a Bodini;
né veli all'ombra del patio
nel meriggio sonnolento.
Non portano canti d'amore
le mille stanze e mille.
Eppure il sole scalda la pietra che
s’arrossa,
al tramonto, vereconda.
Grazie, grande madre,
grazie, Manduria.
Cosimo Pio Bentivoglio