La festa per celebrare il 196° anniversario della fonazione dell’Arma dei Carabinieri
L’annuale della fondazione dell’Arma costituisce nel calendario di un carabiniere l’appuntamento certamente più atteso e più sentito. E’ perciò un grande privilegio condividere la ricorrenza con il signor Prefetto, le autorità religiose, militari e civili e i gentili ospiti in questa caserma, che è in fondo la nostra casa. Ciò testimonia l’affetto e la stima che ci vengono riservate e che ci spronano ad operare con quotidiana dedizione per garantire con ogni mezzo il sereno divenire delle attività sociali della comunità ionica. Grazie di cuore.
La celebrazione di quest’anno è improntata, a livello nazionale, ad un taglio di particolare sobrietà, a cui ci siamo adeguati con convinzione, certi come siamo che in un momento di accresciuta attenzione all’oculato e rigoroso utilizzo delle risorse disponibili, questa sia una buona occasione di coerenza e convinti che ciò che più conta siano il calore e l’affetto sottolineati da questa presenza così folta e così vicina che ci inorgoglisce e ci onora.
Un ringraziamento particolare al presidente della Provincia di Taranto, che ha voluto contribuire alla realizzazione di questa pur semplice cerimonia, e ai sindaci di Taranto, Martina Franca, Massafra, Manduria e Castellaneta, sedi di Compagnie carabinieri, che hanno concesso i rispettivi gonfaloni.
Quando si prende la parola in occasioni come questa, la possibilità di essere scontati è elevata. Vi sono, però, ricordi, ringraziamenti e considerazioni che non si possono tralasciare nel giorno in cui ci stringiamo idealmente intorno alla bandiera, ai nostri caduti, ai colleghi che ci hanno preceduto nel servizio attivo, alle nostre famiglie, perché queste ricorrenze, pur nell’incombente rischio dell’autocelebrazione, hanno soprattutto lo scopo di rammentare a noi stessi chi siamo, qual è la storia e quali i valori a cui ci riferiamo nell’interpretare la nostra professione di operatori di sicurezza.
Un deferente ricordo rivolgo, pertanto, ai nostri caduti che abbiamo il dovere di onorare non soltanto nelle ricorrenze, ma nel quotidiano impegno, per vivificare gli ideali per i quali hanno immolato, in patria ed all’estero, la loro esistenza.
Li abbiamo commemorati questa mattina, con la deposizione di una corona innanzi alla lapide eretta nel nostro cortile in memoria del Maggiore Ugo De Carolis, ma che ci ricorda tutti i nostri caduti, che rinsaldano in noi carabinieri e nell’intera compagine militare, oggi qui rappresentata dalla autorevole presenza del Comandante in Capo del Dipartimento Militare Marittimo, quel sentimento di appartenenza che ci rende onorati di testimoniare la fedeltà alle istituzioni ed ai valori della civile convivenza.
Un saluto altrettanto grato e deferente rivolgo alle vittime del dovere, nonché alle vedove ed agli orfani del personale dell’Arma presenti, confermando loro che possono continuare a contare sulla nostra concreta vicinanza.
Ai carabinieri non più in servizio attivo e a quanti di loro danno ancora un apprezzato contributo alle comunità, con iniziative di volontariato e di collaborazione con le istituzioni locali, il nostro sincero affetto. Ringrazio, in particolare, le sezioni dell’ANC della Provincia e i rispettivi presidenti che, sotto la guida del coordinatore provinciale, hanno voluto rendere concreta la loro presenza con uno stand che gli ospiti potranno visitare al termine della cerimonia.
Il legame con i carabinieri non più in servizio testimonia quella continuità di valori che è uno dei punti di forza della nostra Istituzione e che teniamo viva anche grazie a loro.
Un pensiero riconoscente e colmo di orgoglio va ai carabinieri di ogni ordine e grado del Comando Provinciale, insieme al mio sincero apprezzamento per il diuturno impegno riposto nello svolgimento dei compiti d’istituto. Il successo di un Comandante passa per l’operosità, la professionalità e la lealtà dei suoi uomini, qualità che vanno ricambiate con il sostegno, la vicinanza, la fiducia nel loro operato. Spero di essere riuscito a non farli mai mancare, nella consapevolezza che essere Comandanti costituisce insieme il più nobile dei privilegi e la più onerosa delle responsabilità, perché comandare, a tutti i livelli, vuol dire anzitutto provvedere.
Anche quest’anno l’attività dell’Arma si è caratterizzata per risultati concreti, peraltro non tutti quantificabili, che sono frutto di corale impegno per il perseguimento degli obiettivi istituzionali. Per cogliere questa unità di intenti è necessario che ogni carabiniere, anche il più giovane, anche il meno elevato in grado, anche il più decentrato rispetto al capoluogo, si senta parte attiva e propositiva dell’articolata realtà istituzionale nella quale è inserito. D’altro canto, anche gli attuali canoni scientifici della formazione individuano ormai da tempo tre diversi livelli su cui orientarsi: non soltanto il sapere e il saper fare ma, soprattutto, il saper essere. Le nozioni occorrenti per esplicare correttamente le mansioni assegnate devono, cioè, essere sostenute dalla consapevolezza del ruolo e delle responsabilità ad esso connesse, in altri termini, dal sentirsi parte di un unicum. Credo di poter dire, avendo modo di verificarlo costantemente e di persona nelle 29 stazioni della provincia, che questa aspirazione si stia realizzando.
Oggi ricordiamo il conferimento alla Bandiera dell’Arma della prima Medaglia d’Oro al Valor Militare per i fatti d’Arme della I° Guerra Mondiale. E’ lo spunto per sottolineare quanto i carabinieri considerino la loro militarità un connotato primordiale e irrinunciabile sia sotto il profilo organizzativo, sia in termini di cultura istituzionale. La modernità dell’Arma quale efficiente forza armata in servizio permanente di polizia (questa è la definizione che ne dà la legge di riordino) passa, anche e soprattutto, attraverso il rispetto della sua tradizionale linea militare e l’esaltazione delle sue radici. I simboli, i riti, in una parola le tradizioni sono forma che contiene sostanza, sono l’esatto opposto del formalismo fine a se stesso, sono una eredità impegnativa fatta innanzitutto di valori. Queste sciarpe azzurre ci rammentano appunto il vincolo dell’onore militare, un vincolo etico, specialissimo e, come dicevamo, irrinunciabile.
E’ questo l’humus sul quale noi carabinieri dobbiamo continuare a costruire. Questo è lo strumento, il mezzo, la nostra modalità per conseguire gli obiettivi che la società ci affida ma è, al tempo stesso, lo scopo, sostanza appunto, per continuare ad essere quel punto di riferimento che la gente non ha mai smesso di tenere presente, pur nei limiti e nelle umane povertà dei singoli, che talvolta, purtroppo, non mancano di manifestarsi, con clamore tanto maggiore quanto più sentito è l’affetto per la nostra istituzione.
Il nostro essere servitori dello stato si concreta nell’essere appunto al servizio dei cittadini che dello stato sono il principale elemento costitutivo. Non vi è un ordinamento, e quindi delle leggi da far rispettare, se non vi è un popolo. Questa è forse la prima nozione che viene affidata alla riflessione degli studenti di diritto e costituisce un vademecum che abbiamo il dovere di tenere sempre presente nel nostro agire quotidiano, ponendo al centro l’uomo, la tutela dei suoi diritti e la garanzia del rispetto dei doveri.
Questa è la cifra a cui si ispirano le attività intraprese e quelle ancora in embrione, orientate proprio nella direzione della integrazione con i singoli, gli enti e le associazioni. La presenza nelle iniziative di orientamento professionale e nelle altre manifestazioni in provincia, si prefiggono, non già mera visibilità mediatica, ma il conseguimento di risultati tangibili.
Questa interazione è stata coltivata con una particolare cura al mondo giovanile. L’integrazione con la scuola è una realtà concreta nella nostra provincia. L’Arma è entrata negli istituti di istruzione, gli studenti sono entrati nelle nostre caserme, in attuazione di un programma organico finalizzato a rafforzare la cultura della legalità ed a vivificare questa preziosa collaborazione. Tutto ciò grazie alla perfetta intesa con le autorità scolastiche che sento il dovere di ringraziare per la particolare sensibilità evidenziata. Così come ringrazio il dirigente scolastico del XXIII circolo, Prof. Pietro Mario Pedone, e la Scuola Elementare Carrieri di Taranto, che hanno voluto stimolare gli alunni a rappresentare il loro immaginario di carabiniere attraverso brevi componimenti. Questi lavori, alcuni passi dei quali ascolteremo tra breve, nella loro disarmante semplicità, ci rivelano contenuti e auspici da tenere in tutta considerazione poiché responsabilizzano noi adulti ad impersonare un modello etico che sia compatibile con l’armonico accrescimento valoriale dei nostri giovani.
Vogliamo perseguire questa interazione poiché se si conoscono le istituzioni, se se ne percepiscono le possibilità operative e le modalità con cui esse interagiscono con i cittadini, se se ne condividono gli obiettivi, si facilita di gran lunga l’approccio, si contraggono i tempi della comunicazione e quindi degli interventi, si fluidificano gli scambi informativi e di esperienza, si consolida la fiducia e la percezione di sicurezza, in altre parole si rende un servizio migliore, più efficace, più produttivo e tempestivo. E mi pare che questi siano motivi concreti per continuare su questa strada.
Ma per potersi esporre al dialogo istituzionale e con i cittadini è necessaria una capacità di confronto che va oltre la semplice attitudine a relazionarsi con il prossimo, che ciascuno di noi può avere o non avere, e che deve semmai fondarsi sulla efficienza del dispositivo in campo, sulla professionalità dei singoli, sulla capacità di dare risposte concrete ai problemi quotidiani, a dare cioè risultati.
La concretezza di questi risultati, come sempre, è nei numeri. Ne citerò pochissimi poiché la sintesi della complessiva situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica in provincia è stata lucidamente illustrata dal Signor Questore in occasione del recente anniversario di fondazione della Polizia di Stato; ed è tale e condiviso il simbiotico, quotidiano impegno nel controllo del territorio e nella conseguente analisi dei fenomeni che nessuna valutazione potrebbe discordare, essendo il frutto di un confronto ininterrotto, sereno, produttivo e, se il Dottor Pozzo me lo consente, qualificante anche sotto il profilo umano.
Ma alcuni dati li devo a chi li ha prodotti, lavorando giorno e notte sulla strada, e li devo ai cittadini affinché possano avere riscontri concreti rispetto a ciò che non sempre può essere compiutamente espresso dalla comunicazione istituzionale, poiché le statistiche, per quanto sterili possano apparire, sono fatte di cifre difficilmente confutabili, che vanno oltre la pur premurosa e costante attenzione che gli amici cronisti riservano all’attività delle forze di polizia sul territorio. Vorrei partire dagli 831 arresti in flagranza operati nell’anno trascorso (831) e dalle 4938 denunce in stato di libertà, a cui si aggiungono i 558 provvedimenti restrittivi eseguiti su mandato dell’autorità giudiziaria.
Nell’attività repressiva si sono distinti tutti i reparti del comando provinciale, con l’arresto di responsabili di efferati omicidi e di rapine a volte cruente, di estorsioni e di usura, con il rinvenimento ed il sequestro, ancora pochi giorni fa, di armi da fuoco sottratte alla criminalità, con la disarticolazione di agguerriti gruppi malavitosi dediti al traffico di sostanze stupefacenti (per ultimo, l’operazione trilogy con l’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere) e con complesse attività tuttora in corso che non mancheranno di dare frutti. Così come desta e produttiva è stata l’attenzione ai reati predatori in genere, il cui contrasto fa registrare quotidiani risultati. Tutto ciò è già noto anche perché ne danno conto le cronache.
Peraltro, già nel primo quadrimestre di quest’anno l’andamento fa prevedere una proiezione su base annua in incremento di circa il 20%, visti ad esempio i 327 arresti in flagranza operati dal 1° gennaio al 30 aprile.
Ma, nonostante questi risultati sul fronte della repressione, il dato a cui certamente teniamo di più è quello dell’attività preventiva, cioè della presenza attiva esclusivamente orientata al controllo diuturno e pianificato del territorio, responsabilità che l’Arma condivide, quale forza di polizia a competenza generale, con la Polizia di Stato. Ci eravamo posti l’obiettivo di fare meglio, se possibile, dell’anno trascorso, pur convinti che quei 38.013 servizi fossero già un traguardo impegnativo con cui confrontarsi. Siamo giunti, al 30 aprile, a 14.480 servizi perlustrativi che lasciano ragionevolmente prevedere un incremento su base annua di circa 5.500 servizi in più; tutto ciò a parità di risorse disponibili, incidendo cioè sulla razionalizzazione delle attività interne e complessivamente di quelle burocratiche.
Da questi giorni, è, peraltro, in attuazione un piano permanente di servizi appiedati da parte delle Stazioni carabinieri che, oltre ai carabinieri e ai poliziotti di quartiere, attivi nelle zone a suo tempo individuate, interessa tutti i centri abitati della provincia, anche con il distacco di pattuglie a piedi dalle Stazioni mobili posizionate in aree di maggior interesse operativo.
Questo è l’esito che più mi piace sottolineare perché la prevenzione è e deve essere l’obiettivo primario, deve rappresentare l’essenza stessa della nostra azione sul territorio, pur nella consapevolezza che vi sono altri fronti da presidiare: la necessità di prevenire e reprimere il rinfocolarsi di aggregazioni criminali organizzate (rispetto alla quale l’attenzione è sempre elevatissima con attività il più delle volte oscure ma altrettanto incisive in termini di prevenzione); il contrasto al traffico di sostanze stupefacenti, ambito in cui i risultati, come accennavo, non sono mancati. Mi limito a citare, al riguardo, gli 80 arresti in flagranza per traffico di stupefacenti e i 263 assuntori segnalati all’autorità prefettizia per i conseguenti provvedimenti amministrativi, operati nel solo primo quadrimestre dell’anno in corso, che testimoniano come questo ambito criminale sia ancora, purtroppo, una delle più evidenti criticità del territorio, con inevitabili ricadute sull’incidenza del crimine predatorio.
Ma le attività di pregio sono proprio quelle meno appariscenti, di cui a giusta ragione non si parla, sono cioè quelle riferite ai reati non perpetrati, il cui numero è solo in parte quantificabile. Come noto, il 2009 ha fatto complessivamente registrare una flessione dei reati che, naturalmente, non deve appagare noi né può appagare i cittadini, ma è certamente un contributo importante e un viatico da seguire, che dobbiamo ritenere significativo soprattutto se correlato con la non facile congiuntura sociale ed economica.
Il perché è appunto nei numeri. Nell’anno che stiamo considerando, avremmo potuto, per esempio, constatare spessissimo: oggi in provincia non sono state commesse rapine in istituti di credito, non sono state commesse rapine in abitazione. E non è soltanto un caso se un reato non avviene. Un reato non viene perpetrato perché vi è un dispositivo di controllo del territorio che, come una rete a maglie fitte, consente di monitorare i soggetti di interesse operativo che transitano e vi sostano; non viene commesso perché la stessa attività di repressione, quando consente di cogliere in flagranza i malviventi (come è capitato in questi ultimi giorni per due distinte rapine, una delle quali sfociata purtroppo in un tentato omicidio), disincentiva la reiterazione degli illeciti; non viene commesso perché il controllo e l’identificazione dei pregiudicati delle province vicine crea un efficace presupposto per la loro successiva individuazione nel caso in cui abbiano in animo di commettere reati nel nostro territorio e costituisce, quindi, un elemento di forte dissuasione.
Se poi tutto ciò si coniuga con la guida accorta e autorevole degli uffici del pubblico ministero nell’attività repressiva, resa senz’altro più fervida e produttiva dalla grande carica umana con cui il Signor Procuratore della Repubblica interpreta il suo impegnativo ruolo, si rafforza con la costruttiva collaborazione tra forze di polizia, che trae linfa dalla serena e premurosa azione di coordinamento del prefetto, ma si integra anche con una operosa collaborazione da parte dei cittadini e degli enti, la sicurezza diviene veramente sistema, ben oltre le sterili teorizzazioni, e le maglie di quella rete si raffittiscono ulteriormente.
In tale quadro, un pensiero DI sincero e cordiale apprezzamento mi permetto di rivolgere al Comandante Provinciale della Guardia di Finanza così come ai vertici del Corpo Forestale dello Stato, della Capitaneria di Porto e della Polizia Penitenziaria, per l’altrettanto qualificata e preziosa attività svolta nei delicati e complessi ambiti di rispettiva competenza.
Egualmente sincera vicinanza e comunità di intenti esprimo a tutti i soggetti istituzionali con cui l’Arma della provincia, specie per il tramite dei comandi di Stazione, pietre d’angolo dell’organizzazione territoriale, quotidianamente si confronta, a cominciare dai sindaci e dalle polizie locali, nella consapevolezza che il livello di legalità dei rispettivi territori passa per la capacità di integrare le rispettive competenze, esercitarle compiutamente e valorizzare le risorse a disposizione di ciascuno.
Quello della legalità è un fronte composito a cui devono partecipare tutte le entità istituzionali e sociali, ciascuno con le proprie responsabilità, molte delle quali non delegabili. Mi permetto di rammentarlo poiché la sicurezza di un territorio, che è un investimento e non un costo, è anche frutto di una armonica crescita sociale e culturale, da coltivare a tutti i livelli.
In ultimo, un pensiero senza aggettivi, perché i sentimenti più profondi non è facile classificarli, desidero riservare, alle nostre famiglie. Senza la loro comprensione, il loro sostegno e la loro pazienza certamente non potremmo avere la necessaria serenità per affrontare al meglio il nostro quotidiano cimento.
Ufficiali, Marescialli, Brigadieri, Appuntati e Carabinieri del Comando Provinciale, l’augurio che rivolgo a noi stessi è che questo giorno di festa sia occasione, oltre i riti della ricorrenza e nel recupero di quei valori più volte richiamati, per rinnovare l’entusiasmo e la passione che sempre hanno caratterizzato il nostro essere al servizio dei singoli e delle comunità.
Il giuramento che ognuno di noi ha prestato costituisce atto di solenne impegno nei confronti della collettività che va onorato ogni giorno; un impegno a volte difficile, talora rischioso, ma che è fatto in larga parte di costanza e di quotidianità. Questo impegno oggi noi confermiamo dinanzi alle autorità ed ai gentili ospiti, quale nostro contributo per questa terra bella, ospitale e ricca di storia.
Le più grandi fortune all’Arma e alla nostra Italia.
Col. Giovanni Di Blasio