giovedì 21 novembre 2024


31/01/2024 08:22:30 - Salento - Altri Sport

Ex allenatore della nazionale italiana per il settore mezzofondo e maratona dal 1997 al 2017, allenava Giacomo Leone quando vince, ultimo europeo, la maratona di New York

E’ stato il mio primo allenatore di atletica leggera conosciuto nel lontano 1990. Ex atleta, ha vestito le maglie delle società Virtus Brindisi, Fiat Carrelli Elevatori Bari (con Pietro Mennea), Centro Sportivo Esercito, Atletica Sud Puglia Brindisi, L’Amico Taranto. Professore di Scienze Motorie e Sportive laureatosi presso l’università dell’Aquila nel 1980, specializzato in Atletica Leggera alla Scuola dello Sport di Roma nel 1988, con   laurea magistrale in Scienza e tecnica dello Sport all’università di Roma Tor Vergata nel 2006.

Ex allenatore della nazionale Italiana per il settore mezzofondo e maratona dal 1997 al 2017, responsabile del centro studi e ricerche FIDAL e della didattica, dal2005 al 2016, docente al corso di laurea in Scienze Motorie presso le università di Pavia, Bari, Cagliari, Roma Tor Vergata.

Una vita dedicata allo studio e all’atletica.

Veniamo agli aspetti privati: sposato con Julia Jones, cittadino del mondo e di Francavilla Fontana, al 50% avetranese, nato a Manduria, allenatore di ex campioni del calibro di Giacomo Leone, Ottavio e Antonio Andriani, Cosimo Caliandro e campioni di oggi quali Andrea Ribatti, Neka Crippa, Pasquale Selvarolo e altri che per brevità ometto.

Ricordo che quando lo conobbi al mio primo allenamento, a 18 anni, mi  disse testualmente: «Questa non è la scuola, l’atletica è una cosa seria». Da far tremare le vene e i polsi…

Parlaci di te e come ti sei approcciato alla corsa sin dalla tua giovinezza; raccontaci anche del ruolo che hanno avuto i tuoi allenatori

«Partiamo da un aneddoto: mio nonno materno pregò vivamente sua figlia (mia madre) di procedere ad accertamenti

neurologici perché, per lui, un bambino di sei anni che correva continuamente da solo, con un orologio in mano, non era per nulla normale. Chiamiamola mania, predisposizione, fissazione o talento, ma non c’erano dubbi sul fatto che ero nato con l’interesse e il piacere di fare sport. E correre in particolare era la mia “malattia”.

Far diventare la passione il tuo lavoro credo sia la massima fortuna che possa capitarti in vita. In questo hanno avuto un ruolo essenziale gli insegnanti a scuola (non solo quelli di Educazione Fisica), nonché il prof. Lucio Montanile, senza ombra di dubbio uno dei più preparati allenatori italiani di atletica, che mi ha fatto conoscere lo sport di alto livello».
Ci parli dei tuoi risultati sportivi, giovanili ed assoluti. Ci parli anche degli insuccessi che ti hanno fatto crescere.

«Come atleta ho poco da raccontare. I miei risultati si possono condensare in due medaglie d’argento ai campionati

italiani: la prima da Junior sui 1500 (Firenze 1978), la seconda agli assoluti indoor sugli 800 metri (Torino 1984). Poi una maglia azzurra giovanile (Ascoli 1977); due primati regionali juniores sui 1500 (3’50”79) e sui 3000 metri (8’23”9); un primato regionale assoluto sugli 800 metri (1’49”83 – Salerno 1985).

Quando a 18 anni andai a studiare a L’Aquila, dovetti imparare a gestire da solo gli allenamenti, anche se dettati a

distanza dal professore Montanile. Il programma dettagliato dei primi anni divenne sempre più un canovaccio di intenti che, a seconda della situazione, avrei dovuto interpretare e modificare al momento. Questo processo di formazione forzata mi portò di certo a fare molti errori che non avrei commesso con una guida più assidua, ma consolidò in me una serie di convinzioni ed esperienze fatte sulla mia pelle, che poi sono diventate utili nel ruolo di tecnico e di metodologo dell’allenamento».

Senza ombra di dubbio ti hanno forgiato.

«Proprio così»

Ci racconti (sinteticamente però!) delle tue più belle esperienze da allenatore?

«Per questo faccio prima a dirti cosa manca: una medaglia olimpica! Per il resto penso di aver fatto le esperienze e

conseguito i risultati che un allenatore possa sognare nella sua carriera. Dalla vittoria di Giacomo Leone alla maratona di NewYork (ndr ultimo atleta europeo dal 1996 ad aver trionfato nella grande mela), agli atleti che hanno vestito la maglia azzurra e rappresentato l’Italia nelle massime rassegne internazionali, giochi olimpici compresi. Ed è proprio l’esperienza fatta a Rio, nel 2016, nel villaggio olimpico (gomito a gomito con gli idoli mondiali di tutte le discipline sportive) che ricordo con particolare piacere.

In ogni caso un “grazie” di un vecchio alunno che si ricorda di te o di un atleta o ex atleta che riconosce il tuo ruolo nei suoi successi, non ha prezzo e per me ha un valore umano superiore a qualsiasi medaglia sportiva»

Veniamo al presente: sei impegnato professionalmente nello sport. Ci parli della Ttua giornata tipo.

«Dei miei 40 anni di attività lavorativa ne ho trascorsi 20 a scuola e 20 in Federazione (ndr FIDAL) rivestendo vari ruoli tecnici. Dopo i Giochi Olimpici di Rio, in Brasile, del 2016 ho chiuso i rapporti con la Fidal e sono tornato a fare l’insegnante di “ginnastica” prima di andare in “pensione”.

Prima di essere “pensionato” dalla scuola ho insegnato gli ultimi anni Educazione Motoria presso un istituto professionale a Modena, essendo tornato all’attività scolastica dopo aver ricoperto, alle olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016, la carica di capo delegazione tecnica della squadra azzurra di resistenza in ambito FIDAL-CONI.

Ho ricoperto, recentemente, diversi ruoli in ambito Federale, quali: vice direttore tecnico, responsabile della squadra di attività di resistenza (corsa prolungata ndr), ricercatore scientifico in ambito FIDAL.

Premetto che il ruolo di pensionato è solo sulla carta, poiché seguo circa una quindicina di atleti professionisti, in giro per lo stivale. La mia giornata tipo è scandita dal monitorare gli atleti sia in presenza che attraverso la tecnologia a distanza nelle sedute di allenamento. La mattina inizio con il monitoraggio e controllo degli allenamenti fatti il giorno prima attraverso tutti i dati che vanno ad aggiornare lo stato di ciascun atleta (check del giorno prima). Successivamente seguo le sedute di allenamento dei ragazzi/e. Il pomeriggio, a seconda delle circostanze, o si effettua un’altra seduta di allenamento o si effettuano degli appositi briefing tecnici nei quali vengono approfonditi i risultati scaricati da apposite app, in maniera da avere tutti i dati di ciascun atleta a disposizione.

I ragazzi che alleno sono ricompresi in una fascia d’età tra 20 e 30 anni. prevalentemente tesserati come professionisti nelle forze armate. Tale gruppo è nato attraverso l’impegno di un mio ex atleta, Marco Salari, ottimo aggregatore. Grazie al suo contributo siamo riusciti ad far entrare nel gruppo 13 atleti professionisti, quasi tutti con problemi fisici pregressi, che oggi sono nel pieno della loro carriera sportiva. Ricordo, però, anche a me stesso, che la quasi totalità di loro avevano dei problemi fisici ed erano destinati ad essere sottoposti a interventi chirurgici! Il sottoscritto, prima dell’ingresso nel gruppo, li convinse della bontà del progetto, anche grazie all’amico ex atleta Marco Salari, e attraverso una preparazione specifica, ad ognuno di loro, si è evitato l’intervento chirurgico, con grandi risultati e immensa soddisfazione».

Qualche esempio?

«Giusto per dirne uno: Nekagenet Crippa, atleta trentino. Ha percorso la maratona a Valencia in 2 ore e 7 minuti, a soli 19 secondi dal primato italiano sui 42 km. Prima dell’ingresso nel gruppo aveva smesso di correre (e faceva fatica a camminare) per grandi problematiche ai tendini.

Complimenti veramente!
Veniamo adesso a chi ti vuole strappare dei suggerimenti, sia come amatore che in ambito fitness. Cosa consigli e suggerisci a chi si approccia per la prima volta alla corsa, per stare bene, o per chi ha già provato ma ha mollato nella corsa?

«Diciamo subito che “lo stare bene”, in ambito amatoriale o in ambito fitness, è un discorso molto diverso dall’attività agonistica. Detto questo inizierei nel dire, soprattutto per le persone sedentarie, di iniziare a praticare una regolare attività fisica, anche passeggiata a passo svelto. Essa è un vero toccasana per la salute. In particolare sarebbe auspicabile effettuare preliminarmente una visita medico sportiva (sarebbe il caso di farla anche sotto sforzo) per avere l’OK da parte del medico competente, e solo successivamente iniziare a muoversi in sicurezza diventa semplice. E’ necessaria molta passione, costanza ed eventualmente farsi seguire da degli istruttori ed i risultati non mancheranno. Ad esempio mia moglie (ex atleta) gestisce un app, “Il corso di corsa”, attraverso la quale uomini e donne di tutte le età seguono dei programmi specifici in ambito fitness e vengono anche dispensati ulteriori consigli in ambito nutrizionale, di rilassamento ecc. Di programmi ce ne sono veramente tanti. Il mio consiglio è quello di effettuare degli allenamenti aerobici, in modo che il sistema cardio-circolatorio venga a essere impegnato per almeno 3-4 volte a settimana, poiché un numero inferiore non genererebbe alcun miglioramento fisico. Quindi, di fatto, direi di evitare il troppo poco o il troppo, che provocherebbe, in quest’ultimo caso, infortuni e problematiche varie al posto di diventare una pratica piacevole e che faccia stare bene.

E’ importante sottolineare che lo stimolo allenante, anche per gli amatori e per i praticanti del solo fitness, va dosato adeguatamente per permettere al proprio fisico di avere il giusto adattamento per migliorare e per permettere il raggiungimento dell’omeostasi dell’organismo, anche attraverso il riposo tra una seduta di allenamento e l’altra. Ricordo che il riposo permette il ripristino delle condizioni organiche del corpo. L’allenamento aerobico, come detto, produce anche una maggiore efficienza dell’organismo attraverso un incremento delle calorie consumate, anche a riposo!

La meraviglia degli esseri viventi!

La macchina umana è perfetta: l’importante è pigiare i tasti giusti».

Cosa pensi del ruolo e dell’importanza dei cosiddetti “Marginal gain” nello sport agonistico (sonno, meditazione - mindfulness, nuove attrezzature tecniche, ecc).

«Tutto è utile per migliorare le proprie prestazioni atletiche, soprattutto ad alto livello. E’ importante che si abbiano le giuste competenze tecniche per poter gestire al meglio le valanghe di dati e notizie a disposizione che oggi abbiamo grazie all’impiego della tecnologia. Ad esempio i ragazzi che seguo vengono monitorati costantemente sia negli allenamenti che nelle ore di sonno, anche attraverso appositi percorsi di rilassamento e meditazione (anche yoga). La tecnologia, oggi, riveste un ruolo importantissimo. ma, come detto, questa mole di informazioni bisogna tradurla in cose da fare e la ricetta giusta non esiste: è necessario inventarla, atleta per atleta.

Un aspetto da tenere in debita considerazione è anche l’emotività: in determinati soggetti predisposti è negativa in ambito prestazionale ed essa va gestita attraverso degli allenamenti specifici, attraverso la meditazione ed altre attività per così dire “controllanti” e rilassanti. Essa è intimamente legata all’aspetto ormonale per cui gli ormoni circolanti (cortisolo, testosterone, adrenalina ecc) sono influenzati da quest’ultima.

Tale discorso è ancora più importante nei giovani. Facendo fare loro diverse discipline ed anche diversi sport, si creano le basi per uno sviluppo equilibrato e sostenibile del loro corpo e della mente. In sostanza è necessario non creare subito la specializzazione, che li porterebbe, quasi certamente, ad un prematuro abbandono dell’attività, poiché fonte di stress e insoddisfazione. Fino ai 15 anni è molto importante diversificare le attività».

Nel tuo ruolo di allenatore che tipo di rapporto instauri con l’atleta che segui?

«Diciamo subito che “devo essere motivato dalla sua motivazione”. Sono molto esigente in termini di impegno sul campo. Impegno finalizzato a fare bene e a raggiungere, se ci sono le condizioni, gli obiettivi prefissati, poiché i limiti, molto spesso, sono solo nella mente degli atleti e non nelle loro braccia e gambe! Il sacrificio è indispensabile in questo sport. Deve essere un sacrificio “sostenibile e piacevole” affinché si possano fare cose talvolta impossibili. Voglio il 101% da loro!

Molto spesso gli atleti trascorrono più tempo con me che con i propri cari, ma non ci sono percorsi alternativi. Quello che io chiedo è di essere consapevoli di questo. Solo così ci sarà fiducia reciproca e anche risultati. Si instaurano dei bellissimi rapporti umani. La soddisfazione è incontrare dei vecchi atleti che seguivo con cui ancora oggi c’è un’amicizia consolidata».

La frase del 101% me la ricordo bene già dal 1990… Veniamo a noi: sei direttore tecnico di una società di atletica leggera, la ASD Imperiali Atletica. Ci racconti gli obiettivi di questa importante scelta.

«Sono stato coinvolto in questa importantissima iniziativa da diversi amici ex atleti e da mio fratello Salvatore. Anche negli anni passati avevo tentato di far nascere qualcosa di strutturato a Francavilla Fontana, ma purtroppo senza riuscirvi. Adesso la ASD Imperiali è una solida realtà regionale, anche attraverso l’impegno e la professionalità di amici, ex atleti, quali, per citarne alcuni, Giacomo Leone (presidente regionale FIDAL), Ottavio Andriani, mio fratello Salvatore e molti altri. La ASD Imperiali, attraverso la molteplicità delle competenze presenti, si candida a essere un punto di riferimento a livello pugliese nell’ambito dell’atletica leggera con tantissimi atleti giovani promettenti.

Nelle cose che faccio, come detto, ci metto il massimo impegno e se avessi pensato e agito solo con la ragione difficilmente con Giacomo (Leone) avremmo vinto il titolo della maratona a New York nel 1996. Il consiglio che mi sento di dare è mai precludersi obiettivi ambiziosi: molto spesso i veri limiti li ha il nostro cervello…».

Grazie prof!

Pierpaolo Cosma











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