La giornata di Ferragosto era vissuta con semplicità e lentezza, all’insegna di una tradizione, quella di riunirsi in spiaggia a festeggiare, che nel nostro territorio viene a definirsi a partire dagli anni Cinquanta del Novecento
Il 15 agosto la Chiesa cattolica romana celebra la solennità dell’Assunzione di Maria in Cielo, dogma di fede che istituisce solennemente il momento in cui Maria fu accolta in cielo, senza la corruzione del corpo. Festività religiosa fortemente sentita da tutti i cristiani, essa presenta una dimensione profana altrettanto coinvolgente, quella relativa ai festeggiamenti del Ferragosto (da ‘Feriae Augusti’, giorno di riposo istituito da Augusto nel 18 a. C.).
Prima che divenisse da bollino rosso sulle strade italiane, la giornata di Ferragosto era vissuta con semplicità e lentezza, all’insegna di una tradizione, quella di riunirsi in spiaggia a festeggiare, che nel nostro territorio viene a definirsi a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, con la progressiva e irrefrenabile urbanizzazione della località balneare di San Pietro in Bevagna, fino ad allora scarsamente frequentata, anche perché insalubre in diverse zone.
Le testimonianze che seguono sono state gentilmente fornite dal signor Antonio My, appassionato di storia locale, da sempre assiduo frequentatore di quelle spiagge.
FERRAGOSTO ANNI ’60 — «Sin dal primo mattino del giorno dell’Assunta, i nostri nonni si recavano alla chiesa della Madonna della Grande (così si chiamava una volta l’attuale chiesa dell’Assunta) per ascoltare la Santa Messa; questo per coloro che rimanevano nell’abitato di Manduria. Invece, una buona parte di manduriani si trasferiva nella località balneare di San Pietro in Bevagna, alcuni sotto le tende sulla costa, altri nei trulli fatti di pietre o muretti circolari, coperti di giunchi o fascine di salmenti; quelli più fortunati invece in rustiche casette con una tettoia fatta di sostegni di legno coperti di paglia. Il giorno di Ferragosto, i villeggianti si riunivano in gruppo per passare la notte all’aperto, sulla spiaggia, o sullo spazio antistante la propria dimora. Ognuno portava qualcosa da mangiare: cozze ripiene, pizza rustica, panzerotti fatti in casa ecc., tutto bagnato con il vino, messo in fresco sulla battigia insieme all’anguria. Ogni gruppo (anche di trenta-quaranta persone) formava un grande cerchio con al centro un falò. Dopo cena, iniziavano i vari giochi di una volta. Non mancava certamente una fisarmonica che richiamava e allietava tutta la comitiva. All’armonioso suono venivano stimolate le ragazze, che iniziavano a ballare una pizzica o altri balli dell’epoca. Così si improntava la vera e propria festa che divertiva tutti fino all’alba».
FERRAGOSTO ANNI ‘70 — ‘Una testimonianza personale’: «In quel periodo ero fidanzato, i familiari della mia ragazza, insieme ad altri parenti e amici, decisero di trascorrere la serata in spiaggia. A quei tempi la figlia fidanzata era sempre sotto lo stretto controllo visivo della mamma. Una volta sistemati in spiaggia, le donne improntarono una grande tovaglia guarnita di vari piatti caserecci. Finita la cena, alcuni del gruppo allietarono la serata con barzellette e giochi vari: ricordo un grande cerchio, e io che cercavo di stare sempre vicino alla mia ragazza nonostante i giochi prevedevano di cambiare posto, sempre sotto gli occhi attenti della mamma. La serata trascorse in modo piacevole e illuminata soltanto dalla luna piena, mentre a poca distanza, da un giradischi a batteria, tra il vociare della gente, si udiva la canzone di Gianni Morandi “Notte di Ferragosto”».
L’affascinante semplicità dei racconti del signor My trova puntuale riscontro nel componimento dialettale di seguito riportato, tratto da “MANDURIA non solo storia…” di Alfredo Dimitri, Provveduto Editore 2001, pp. 108-110.
LI TTENDATI
«Pi llittera nc’era la rena / e pi cuscinu mintiunu lu razzu, / pi pariti nu paru ti manti / e pi porta nu cannizzu. /
Lu trainu mmirticatu, / lu caaddu cchiù di costi, / alli stanghi quatari ppesi / cu mappini e zinzuli stesi. /
Prima teci, puei cinquanta,/ puei cientu e cientu tendi, sparpajati ntra li munti / e ssippuntati cu furceddi. /
Si manciaa a cielu serenu / e pi seggia nu chianconi, / tutti anturnu a nu piattoni: / alla scinnuta e senza frenu. /
A nu metru ti la ripa / si mintia lu mmili a’ nfriscu, / la buttija ti lu mieru / e lu muloni sarginiscu. /
All’assuta ti lu soli / paria sia nna prucissioni: / cinca scia e cinca inia / e cinca sparia ‘ntra nnu frasconi. /
Pi pruista nna crona t’aiu, / nu cannizzu ti pummitori, / picca pani e picca ueju: / e cce nc’era otru ti meju? /
A mpunutu, tutti t’unita / sciucaunu anziemi dda bbicinu; / cantaunu cori e sturnillati / nzin’a quasi matutinu».
GLI ATTENDATI
«Per giaciglio c’era la sabbia / e per cuscino mettevano il braccio, / per muri un paio di coperte / e per porta un traliccio di canne. / Il traino ribaltato, / il cavallo più di fianco, / alle stanghe pentole appese / con strofinacci e stracci stesi / Prima dieci, poi cinquanta , / poi cento e cento tende, disseminate tra le dune / e puntellate con rami forcuti. / Si mangiava all’aperto / e per sedie un masso di pietra, / tutti attorno ad un grande piatto: / alla discesa e senza freno. / Ad un metro dalla riva / si metteva il bombile in fresco , / la bottiglia del vino / e l’anguria. / Allo spuntare del sole / sembrava una processione: / chi andava e chi veniva / e chi spariva in un cespuglio. / Per provvista una resta d’aglio, / un canniccio di pomodori, / poco pane e poco olio: / e che c’era altro di meglio? / All’imbrunire, tutti d’accordo / giocavano insieme lì vicino; / cantavano cori e stornellate / fino quasi l’alba».
L’immagine a corredo di questo scritto è stata elaborata utilizzando una foto presente a p. 110 del citato libro di A. Dimitri e i fogli manoscritti e autografati del signor My.
Altri aspetti della festività dell’Assunzione di Maria Vergine / Ferragosto sono trattati su questa stessa pagina ai seguenti indirizzi: