Hanno relazionato il dott. Andrea Dimitri e il prof. Giovanni Sammarco
Ecco il resoconto delle conferenze della scorsa settimana promosse dal centro culturale di formazione permanente “Plinio il Vecchio”.
Giovedì 13 marzo, dott. A. Dimitri: “Depressione: il male di vivere”
Nell’ultimo incontro si è affrontato un tema importante che riguarda, secondo una recente statistica, quasi tutta la popolazione mondiale, se viene considerata la prevalenza life-time del fenomeno.
La depressione è diventata la prima causa di morte al mondo, superando, ormai da qualche anno, le morti per accidenti cardiovascolari.
L’attenzione è quindi necessaria ed è necessario parlare e sapere in merito a tale male che affligge il nostro secolo. Si è attentamente affrontato un excursus sulle determinanti sociali del fenomeno per poi passare agli aspetti clinici e infine fenomenologici.
Bisogna partire dal considerare la differenza tra emozione ed umore; la prima infatti, seguendo la sua etimologia, dal latino, ex-movere, rappresenta una esperienza direzionata e con una intenzionalità chiara che si esplica verso “l’oggetto” del movimento emotivo (sono arrabbiato “verso” qualcuno, verso qualcosa, sono triste per qualcuno o per qualcosa). L’umore invece ha una costellazione più ampia e più duratura che fenomenologicamente non è direzionata. Per tanto un cambiamento patologico dell’assetto timico è difficilmente spiegabile in una organizzazione immediata di senso e maggiore è il tempo nel quale un individuo permane in uno stato umorale patologico, sempre più difficile sarà riconoscerne e portare alla luce la sua direzionalità, il suo senso. Per tanto, sarà sempre più difficile poter incanalare questa emotività e tradurla in una emozione che è intellegibile. Si fa presto a poter intendere quindi la perdita del senso di uno stato depressivo. La perdita della forza vitale che avvolge una persona depressa. Questa perdita di senso si esprime con una costellazione sintomatologica caratterizzata da sintomi vari, che vanno da una compromissione dei pensieri, della cognitivista, ma anche della sfera somato-vegetativa, nonché della psicomotricità. Si può quindi tranquillamente asserire che la depressione sia una patologia sistemica e che riguarda, in toto, tutto il sistema persona. Per tale motivo è necessario considerare tutte le variabili sintomatologiche che possono nascondersi dietro un atteggiamento che non si presenta a prima vista con una classica manifestazione di estrema tristezza.
La tristezza patologica, diventa male di vivere, il vivere fa male. Tutto il corpo sente e vive questa decadenza e questa “morte“fino a pensarla possibile, fino a che il mondo e la vita diventa indissolubilmente legata ai temi mortiferi e di decadenza.
In questo contesto è importante andare a conoscere ed immergersi nel mondo vissuto del paziente depresso, analizzando come quest’ultimo viva l’esperienza di questa alterata vitalità. Si è approfondito quindi il concetto di tempo vissuto, spazio vissuto, vissuto del corpo, e vissuto del sé. La depressione procede secondo una esperienza di arresto del tempo vissuto, dove tutto è fermo in una “ retenzio” infinita. Il passato diventa protagonista, attore del confronto di un presente che non si presentifica più e che non si slancia verso il futuro. Quest’ultimo rimane inesistente, inafferrabile, impossibile. La vita senza presente che struttura il futuro, perciò, diventa invivibile. La vita diventa colpa inespiabile. Il tempo è fermo, stagnante. Lo spazio, altresì si struttura come uno spazio privo di “affordance” gli oggetti vissuti del mondo depresso sono lontani, difficili da raggiungere. L’altro diventa il motivo della colpa ed il se collassa in un nichilismo estremo.
Si è accennato poi, in fine, ai temi della cura. Questi passano per un interessamento specialistico che consta in una necessaria farmaco-terapia, che pone la base di possibilità per riuscire di nuovo alla vita, ma anche in una ricerca, una scoperta “accompagnata” di una vitalità umana che è stata seppellita del senso di colpa, dal senso di fallimento. Il percorso psicoterapeutico risulta quindi fondamentale. Diviene fondamentale non disumanizzare questo fenomeno e l’approccio ad una persona depressa deve necessariamente essere un approccio umano che abbia come cura il tema dell’amore. L’amore che cura, (a-mors), dove c’è l’amore non c’è la morte. Questo importantissimo esistenziale può riuscire infine a restituire coloriture nuove ad una vita divenuta grigia. L’aspetto amorevole e, soprattutto specialisticamente indirizzato, appare l’unica via percorribile per una risoluzione, per una restituzione alla vitalità del mondo di una persona affetta da questo male di vivere.
Venerdì 14 marzo, prof. G. Sammarco: “Ebraismo ed antisemitismo tra storia e poesia:l’origine del razzismo”
L'incontro di oggi è stato dedicato al mito delle origini. Esso si perde nella notte dei tempi. In tempi recenti esso purtroppo si è trasformato nel mito della razza perdendo completamente l'aspetto prettamente culturale. Bisogna anche aggiungere che stranamente affonda le sue radici in quel complesso e fecondo ambiente culturale che caratterizzò l’Europa del 18° secolo. La seconda metà del 700 soprattutto fu dominata dalle idee illuministiche che volevano cancellare le superstizioni e gli errori del passato, dando all'uomo una nuova dignità. Diderot, Voltaire, D'Alembert dettero vita alla Enciclopedia con cui volevano produrre un profondo risveglio culturale. Bellezza e armonia furono i canoni di valutazione nella ricerca del mito delle origini e dell'anello mancante.A tal proposito si svilupparono la Frenologia, lettura del cranio e la Fisiognomica , lettera del volto. L'aspetto esteriore di un uomo caratterizzava anche il suo mondo interiore. si voleva ricostruire la grande catena dell'essere fatta di armonia ma anche di una gerarchia che avrebbe potuto unire il cielo e la terra. L'illuminismo aveva dato grandi speranze. Libertà, fratellanza, uguaglianza avevano fatto sperare in una migliore condizione dell'uomo. Nei primi tempi così sembrava, ma la Rivoluzione francese e Napoleone alla fine tradirono queste aspettative. La prima cadde nel "terrore" e il secondo si sostituì ai vecchi dominatori. il malessere prese il sopravvento e di Rousseau e di Beccaria rimase ben poco. La scoperta dell'arte greca con il Winckelmann e gli scavi di Pompei ed Ercolano dettero impulso alla ricerca e l'armonia greca veniva esaltata rispetto ad altre forme. Si cominciò a classificare cranio, volto, naso capelli colore della pelle. Si cercava il popolo che avesse conservato la sua natura primigenia. Ci si concentrò erroneamente sull'aspetto del popolo tedesco, nonostante già Tacito e Seneca a suo tempo avessero evidenziato che non esisteva un popolo che avesse conservato la sua purezza e che non si fosse contagiato con altre etnie. Il popolo tedesco tra l'altro sembrava avesse conservato di più alcuni caratteri perché aveva un territorio impossibile e un clima terribile. Ma in tal modo si stava procedendo verso la creazione di uno stereotipo che avrebbe portato a pensare ad una superiorità di un popolo sugli altri.
Programma prossima settimana:
- Lunedì 17: ing. E. Tarentini “Laboratorio: finestre nell’infosfera – identità e documenti digitali”;
- Martedì 18: prof. Luigi Marseglia “Leucaspide e Manduria negli occhi di Janet Ross”;
- Mercoledì 19: ing. E. Tarentini “L’infosfera, l’oceano digitale in cui navighiamo”
- Giovedì 20: avv. G, Pio Capogrosso “Manduria ed il suo castello scomparso”;
- Venerdì 21: don P. Missere “I racconti di GENESI: aspetti storico letterari”.